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Cronaca

San Giorgio, Amaral rivela: Renato Franco pranzava con un politico locale. Un legame che fa discutere la comunità.

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San Giorgio, Amaral rivela: Renato Franco pranzava con un politico locale. Un legame che fa discutere la comunità.

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In un angolo della provincia napoletana che tutti amiamo e detestiamo, San Giorgio a Cremano, l’eco di un sequestro lampo si allontana appena per lasciare spazio a ombre più inquietanti: quelle di legami tra malavita e palazzi del potere. Come cronista locale, cresciuto tra queste strade affollate e piene di contraddizioni, non posso fare a meno di riflettere su come un episodio come questo non sia solo un fatto di cronaca, ma un segnale di quanto le radici della corruzione siano intrecciate al tessuto quotidiano della nostra comunità. Qui, dove ogni angolo di piazza è un palcoscenico di chiacchiere e favori, l’inchiesta sul rapimento del figlio di Pino Maddaluno, un imprenditore noto in zona, sta smuovendo acque torbide che potrebbero intaccare la fiducia nei nostri rappresentanti.

L’indagine, partita dal rapimento improvviso del ragazzo minorenne a inizio aprile, ha ora aperto due filoni aggiuntivi, svelando potenziali connessioni tra Renato Franco, un 28enne indicato come vicino al clan Aprea di Barra, e figure di spicco nella politica locale. Renato è stato arrestato insieme al cugino Giovanni Franco, 25 anni, con il primo etichettato come mandante e il secondo come esecutore materiale dell’azione, al fianco di Antonio Amaral Pacheco de Olivera, un ex dipendente di Maddaluno che era finito in manette subito dopo il rilascio del ragazzo e che ora gioca un ruolo chiave in questa storia.

Amaral, dal suo posto in custodia, ha fornito dichiarazioni che hanno rafforzato le prove investigative, culminando in un’ordinanza cautelare firmata dal gip Fabrizia Fiore, che ha portato dritto alle celle per i due Franco. Come qualcuno che ha visto San Giorgio evolvere da un tranquillo borgo a un crocevia di interessi opachi, mi chiedo quanto queste rivelazioni siano la punta di un iceberg che la nostra comunità preferisce ignorare. Le sue parole, estratte dai verbali, dipingono un quadro preoccupante di influenze e favoritismi che vanno ben oltre il sequestro.

In particolare, nei documenti dell’inchiesta, emergono dettagli su incontri e relazioni che legano Renato Franco a esponenti politici locali. Uno dei verbali, datato 11 luglio, riporta la testimonianza di Amaral, che descrive un ambiente familiare e “privato” di Franco – una stanza con scrivania e sedie nell’abitazione del padre, che lui chiama ironicamente un “ufficio” – dove si sarebbero tenuti colloqui con amministratori e persone dall’aspetto più da sala riunioni che da strada. “Renato Franco mi diceva che gli capitava di andare a mangiare con …omissis”, una frase che echeggia nei corridoi del nostro municipio, riferendosi a un politico di spicco in città, identificato anche tramite foto. È un dettaglio che, da locale, mi fa riflettere su quante cene “informali” possano celare accordi più sinistri, erodendo la trasparenza che dovremmo pretendere.

Già nel verbale del 30 giugno, Amaral era stato più esplicito, narrando di aver visto questo amministratore arrivare su uno scooter di lusso all’abitazione di Franco, e di averli notati chiacchierare vicino al municipio, in piena piazza centrale. Renato, secondo il racconto, si vantava di poter “fare tutto” in città grazie ai suoi legami politici, una presunzione che avrebbe accelerato pratiche burocratiche come quella per la residenza della sua compagna. È proprio questo il punto che mi fa arrabbiare: in un territorio come il nostro, dove le code agli uffici e le lungaggini amministrative sono pane quotidiano, sapere che qualcuno può saltare la fila per via di strette di mano discutibili è un affronto alla gente onesta.

Le dichiarazioni di Amaral non si limitano a questi aneddoti; parlano di un sistema più ampio. Lui ammette di aver consegnato, su richiesta di Franco, documenti e atti a un’agenzia di servizi e direttamente a quell’esponente politico, incluso un regalo di lusso: una bottiglia di Champagne/Armagnac dal valore di circa 700 euro, recapitata in piazza. Questo gesto, legato a presunti tornaconti in “pratiche burocratiche”, si collega alla rapidità con cui la compagna di Franco ha ottenuto la residenza, grazie a un contatto politico in un quartiere vicino. E non finisce qui: in un altro verbale, Amaral cita esplicitamente un altro politico locale, un ex candidato a sindaco ora vicino all’amministrazione attuale, senza specificarne il ruolo ufficiale.

Come giornalista radicato in questa terra, non posso che commentare con amarezza: queste storie non sono isolate, bensì il riflesso di un quadro dove la criminalità organizzata cerca di infilarsi nei “salotti buoni” per rafforzare il suo controllo. Renato Franco, forte dei suoi presunti legami con la camorra, apparirebbe come un ponte tra il sottobosco e le istituzioni, un meccanismo che, se confermato, mina le basi della nostra società. Ora, spetta alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e agli investigatori scavare più a fondo, verificando incontri, chiamate, documenti e flussi di denaro, per smascherare se dietro questo sequestro e queste relazioni si nasconda un vero e proprio scambio tra malavita e pezzi del potere locale.

In una città come San Giorgio, dove la vita di quartiere è fatta di caffè al bar e partite a carte, queste indagini ci ricordano che la vera sfida è mantenere intatta la nostra integrità, lottando contro chi vorrebbe sporcarla.

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