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Cronaca

Nuova scossa al Vesuvio: magnitudo 2.3 nella notte, un promemoria sismico per la Campania che non dorme mai. (78 caratteri)

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Nuova scossa al Vesuvio: magnitudo 2.3 nella notte, un promemoria sismico per la Campania che non dorme mai. (78 caratteri)

#TerremotoVesuvio: Un’altra scossa minima ma inquietante sveglia i napoletani all’alba, ricordandoci la nostra convivenza coi giganti sotterranei

In una notte come tante sotto l’ombra del Vesuvio, una scossa di terremoto di magnitudo 2.3 ha squarciato il silenzio alle 4:31 di venerdì 14 novembre, lasciando gli abitanti del versante vesuviano con quel mix di fastidio e rassegnazione che solo chi vive qui può capire. Come cronista locale, non posso fare a meno di notare come questi eventi, pur banali per gli standard globali, ci ricordino quanto siamo ospiti precari su un tappeto di magma dormiente. Non è panico, ma un campanello d’allarme che suona tra le nostre strade affollate e i vicoli affaccendati.

Il sisma è stato rilevato dai sismografi dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv e pinpointato tra Massa di Somma e San Sebastiano al Vesuvio, a una profondità di circa due chilometri – un’area che, per noi del territorio, significa case vicine, famiglie sveglie e un po’ di agitazione mattutina. La scossa non si è limitata ai comuni alle pendici del vulcano: è stata avvertita distintamente anche nell’area orientale di Napoli, arrivando fino a Portici, a circa cinque chilometri dall’epicentro, e a Torre del Greco ed Ercolano, distanti una manciata di chilometri in più. Persino da Scafati, nel Salernitano, sono arrivate segnalazioni, dimostrando come questi tremori non rispettino i confini comunali, diffondendosi come un’onda in un tessuto urbano già stressato dal quotidiano caos.

Per fortuna, le prime verifiche non riportano danni a edifici o feriti, un sollievo che non sorprende ma non basta a lenire l’ansia diffusa. Qui, dove il Vesuvio è più di un paesaggio – è un vicino ingombrante – gli esperti dell’Osservatorio Vesuviano sottolineano che questi terremoti non hanno alcun legame con l’attività dei Campi Flegrei, l’altro gigante vulcanico della zona. È una distinzione importante, ma come locale, mi chiedo se la gente comune la colga davvero: per molti, è solo un’altra vibrazione che ci fa riflettere sui nostri piani di emergenza, spesso più teorici che pratici.

Questi movimenti tellurici, spiegano i ricercatori, sono in larga parte legati al naturale processo di abbassamento del cratere del Vesuvio, un complesso vulcanico formato dalla caldera del Monte Somma e dal cono più recente, emerso dopo l’eruzione del 79 d.C. che devastò Pompei. Dal 1944, anno dell’ultima eruzione, il vulcano è in una fase di quiescenza, con attività fumarolica, una sismicità bassa e movimenti del suolo ridotti a circa sei millimetri di abbassamento all’anno. Le scosse come quella di stanotte si concentrano generalmente tra uno e due chilometri di profondità, rientrando in quelle dinamiche ordinarie che i tecnici definiscono “normali” per questa fase di quiete.

Ma normali per chi? Per noi che abitiamo questi pendii, è un promemoria costante della precarietà. Ogni scossa, anche minima, riaccende dibattiti su come prepararci meglio: le simulazioni di evacuazione, i piani urbani che arrancano contro la densità abitativa, e quel senso di fatalismo misto a resilienza che caratterizza la vita napoletana. Il Vesuvio non è solo geologia; è parte della nostra identità, un’eredità che ci spinge a vivere con un occhio al passato e uno al futuro incerto. In un territorio dove il turismo celebra le rovine di Pompei accanto alle pizzerie affollate, eventi come questo ci invitano a non dare per scontata la nostra quotidianità, rafforzando l’importanza del monitoraggio costante da parte di chi, come l’Osservatorio, veglia su di noi.

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