Cronaca
Nella nostra comunità: Madre arrestata dopo parto drammatico in casa, sotto l’effetto di crack – Un segnale per i nostri servizi sociali.
#Dramma a Ciriè: una neonata lotta per la vita dopo un parto nel water, mentre la madre è in manette per tentato infanticidio #Ciriè #SaluteMentale #ComunitàInLotta
In una tranquilla cittadina come Ciriè, nel cuore del torinese, dove la vita scorre tra le vie familiari e le colline che tutti conosciamo, un evento così crudo e inaspettato ci costringe a fermarci e riflettere sulle crepe nascoste della nostra comunità. Qui, dove le famiglie si supportano e i problemi sembrano sempre risolvibili con un po’ di buon senso locale, una donna di 38 anni si trova ora al centro di una tragedia che ha sconvolto tutti noi, accusata di tentato infanticidio dopo aver dato alla luce la sua bambina in circostanze drammatiche e, si presume, influenzate dall’uso di droghe come il crack. Non è solo una notizia, è un campanello d’allarme per un territorio che, come tanti altri in Piemonte, lotta con le ombre della dipendenza e della solitudine.
Immaginate la scena: una serata qualunque a Ciriè, forse con il solito brusio delle strade vicine, quando improvvisamente scatta l’allarme. Il fratello della donna chiama il 118, e i soccorritori irrompono in un’abitazione familiare, quella della madre della 38enne, per trovarsi di fronte a un incubo. La donna, visibilmente confusa e in lacrime, è accasciata a terra, mentre la neonata giace nel water con la testa parzialmente sommersa. Secondo le ricostruzioni, la piccola potrebbe essere rimasta in quelle condizioni per circa venti minuti, un lasso di tempo che, per chi vive qui, suona come un’eternità in un posto dove il pronto intervento dovrebbe essere una garanzia. I medici sul posto non esitano: praticano subito le manovre di rianimazione e trasferiscono d’urgenza la bimba all’ospedale Maria Vittoria, dove ora combatte per la vita nel reparto di terapia intensiva neonatale. Come cronista locale, mi chiedo quante volte abbiamo ignorato segnali simili, in una comunità che conosce bene i rischi dell’isolamento e delle tossicodipendenze, eppure fatica a intervenire in tempo.
La storia raccontata dalla madre aggiunge un velo di incredulità a questa vicenda. Agli infermieri che l’hanno soccorsa, ha sostenuto di non aver mai realizzato di essere incinta, travolta da un panico improvviso durante il parto. Ma qui, come chi vive in questi quartieri sa bene, le cose non quadrano del tutto. Ha dichiarato di non essersi mai resa conto di essere incinta e di essere stata colta dal panico al momento del parto. Eppure, è emerso che è riuscita a recidere da sola il cordone ombelicale, un gesto che richiede una certa presenza di spirito, difficile da conciliare con il suo racconto di shock totale. Non ha saputo spiegare come abbia fatto, e gli inquirenti – che conoscono le dinamiche di Ciriè quanto noi – vedono in questo una contraddizione lampante. È un dettaglio che, per un osservatore locale, sottolinea quanto la negazione e i problemi sottostanti, forse legati a un consumo di sostanze che aleggia nelle nostre periferie, possano distorcere la realtà fino a tragedie del genere. Non è solo un caso isolato; è un riflesso di come, in un territorio come il nostro, la mancanza di supporto psicologico e sociale possa spingere le persone verso abissi inimmaginabili.
Ora, la neonata – nata al settimo mese con un peso di appena un chilo – rimane in condizioni critiche, con i medici dell’ospedale che mantengono una prognosi riservata, senza sbilanciarsi sulle sue chance di sopravvivenza. È un’attesa angosciante per tutti noi qui a Ciriè, dove ogni vita è intrecciata con quella degli altri. La madre, inizialmente curata all’ospedale locale per le sue condizioni fisiche, è stata arrestata martedì sera dai Carabinieri della tenenza di zona. Una volta stabilizzata, è stata trasferita in carcere, un passo inevitabile che però lascia un’amara riflessione: in una comunità che si vanta di coesione, come ci è sfuggito un disagio così profondo? Questo non è solo un fatto di cronaca, è un invito a interrogarsi sulle risorse che mancano, sui segnali che ignoriamo e sulle storie che, purtroppo, potrebbero ripetersi se non ci impegniamo di più a supportare chi è in difficoltà. A Ciriè, come altrove, la vera sfida è trasformare il dramma in un’opportunità per un cambiamento reale.
