Cronaca
Napoli, l’ennesimo intervento contro il caos della movida: l’ordinanza che prova a riportare l’ordine notturno.
#NapoliSfidaLaMovida: L’ordinanza contro il caos notturno è una toppa o un cambio di rotta? #Napoli #Movida #OrdinanzaAntiRumor
A Napoli, la movida che fa impazzire il centro storico ha incontrato finalmente una risposta ufficiale: l’amministrazione ha emesso un’ordinanza per provare a spegnere, almeno un po’, il frastuono che tiene sveglia la città. Ma come cronista che gira queste strade da anni, mi chiedo se questo sia davvero un passo avanti o solo un altro rinvio ai problemi cronici di un territorio dove il diritto al divertimento si scontra con quello al sonno.
Il sindaco Gaetano Manfredi ha firmato questo provvedimento d’urgenza, concentrandosi su zone iconiche come via Cisterna dell’Olio e via Domenico Capitelli, epicentro di una vita notturna vibrante ma spesso caotica. Qui, nei vicoli del centro storico, la musica, le chiacchiere e le bottiglie che tintinnano fino all’alba non sono solo folklore: sono il sintomo di un disequilibrio che da tempo divide napoletani. Questa ordinanza arriva in extremis, dopo che il Tar ha dato un ultimatum al Comune per affrontare l’inquinamento acustico, evitando così di affidare la patata bollente a un commissario. È una mossa che sa di necessità più che di convinzione, visto che il municipio, come “proprietario dei suoli” da cui parte il disturbo, è stato già condannato a sborsare 1,2 milioni di euro a residenti esausti di vico Quercia e piazza Bellini.
Non è una novità, questa battaglia: è il culmine di anni di liti legali e scontri politici. L’amministrazione aveva provato a risolvere tutto con una delibera in giunta a settembre, ma le divisioni interne alla maggioranza l’hanno affondata, lasciando spazio a un’ordinanza sindacale come ultima risorsa. Un atto temporaneo, certo, ma che mi fa riflettere sul perché, in una città come Napoli – dove ogni angolo racconta storie di vivacità e disordine – si arrivi sempre al limite prima di agire. È un po’ come se stessimo giocando a rincorrere il problema invece di anticiparlo, un’abitudine locale che conosco fin troppo bene.
Al cuore di tutto, “Niente alcolici da asporto dopo le 22″. Locali chiusi a mezzanotte e mezza”, come recita il provvedimento, valido per 60 giorni. In pratica, stop alla vendita di bevande alcoliche e analcoliche da asporto dalle 22 alle 6 del mattino, con i locali costretti a chiudere alle 00:30 dalla domenica al giovedì, e all’1:30 nei weekend, più una tolleranza di 30 minuti per riordinare. Ci sono anche promesse di controlli più serrati e monitoraggi acustici per verificare se funzioni. L’idea, spiegata dal Comune, è bilanciare socialità e riposo in una Napoli “viva e accogliente”, ma come qualcuno del posto mi ha confidato, è più facile dirlo che farlo: queste strade pulseranno lo stesso, forse solo un’ora prima.
Le reazioni, però, non lasciano dubbi: è scontro aperto. I gestori dei locali, già provati, sono sul piede di guerra. La loro legale, Roberta Valmassoni, ha tuonato: “Aspettiamo il testo integrale per valutare eventuali azioni legali”, ricordando che la lotta in tribunale continua. Dall’altra parte, i residenti – vincitori morali della sentenza – non esultano. Il loro avvocato e consigliere comunale, Gennaro Esposito, la definisce “un passo indietro” rispetto a proposte più drastiche, esprimendo solo la “speranza” che serva a qualcosa. Da chi vive qui, come me, questa ordinanza suona come un compromesso al ribasso: un tentativo di placare tutti senza accontentare nessuno, in una città dove il caos è parte del DNA ma sta diventando insostenibile.
Guardando avanti, è chiaro che questa è solo una misura tappabuchi. Come sottolinea Pasquale Esposito, presidente della Commissione Legalità, l’obiettivo reale è arrivare a inizio 2026 con un piano strutturale, legato a un Piano regionale del commercio che regoli la movida su più fronti. Per ora, per due mesi, i vicoli del centro si spegneranno un po’ prima, lasciando spazio a riflessioni su come Napoli possa riequilibrare la sua anima notturna senza perdere il suo fascino. Ma se ho imparato qualcosa da anni di reportage sul territorio, è che senza impegno vero, questi divieti dureranno quanto una notte d’estate: effimeri e presto dimenticati.
