Cronaca
La camorra infuria al Nord: due omicidi in 33 ore segnano la faida dei panzarottari, un’altra ferita per il territorio.
#CamorraNord: I “Panzarottari” di Afragola al centro della nuova faida, con due omicidi in 33 ore che scuotono l’hinterland #Afragola #Antimafia #ClanGiovani
Come cronista che vive e respira l’aria di questi quartieri, so bene quanto la camorra non sia solo cronaca, ma una piaga che erode le radici della nostra comunità. Qui, nell’area nord di Napoli, dove le strade di Afragola, Casoria e Caivano raccontano storie di famiglie divise e giovani persi nel ciclo della violenza, il decreto della Dda di Napoli ha portato alla luce un’altra mutazione del male organizzato. Dieci presunti membri del clan Nobile, noto come gruppo dei “Panzarottari”, sono accusati di aver preso il controllo, riempiendo il vuoto lasciato dai vecchi clan Moccia e Pezzella. È una storia che non sorprende chi, come me, vede ogni giorno come queste bande si adattino, sfruttando la fragilità del territorio per imporre il loro regno di spaccio e intimidazioni.
Le indagini, supportate da intercettazioni, pedinamenti e video, dipingono un quadro inquietante: un gruppo giovane e spregiudicato che gestisce piazze di droga, racket e “azioni di fuoco” per mantenere il dominio su Afragola, Casoria, Caivano e Frattamaggiore. È ironico, in un certo senso, come questi ragazzi – nati in mezzo a noi – abbiano trasformato il nostro hinterland in un’arena di conflitti, con una scia di agguati che culmina nei due omicidi di Antonio Vitale e Pasquale Buono, avvenuti in sole 33 ore a giugno 2025. Da queste parti, sappiamo che ogni “stesa” o sparatoria non è solo un atto criminale, ma un segnale di potere, un modo per terrorizzare chi cerca di opporsi o semplicemente vivere in pace.
La vera svolta arriva dalle parole di Giovanni Barra, un neopentito che, dopo il suo arresto insieme a Roberto Alfio Maugeri – visto come ponte con i gruppi di Caivano – ha deciso di collaborare. Barra descrive i “Panzarottari” come una forza emergente, capace di ordinare un omicidio “persino per un motivo banale”, in un contesto dove la violenza è diventata la norma. Secondo lui, nel 2022, il gruppo ha iniziato prendendo ordini da Maugeri Emanuele dal carcere, per poi allearsi con Giovanni Baratto, reggente di Casoria, che voleva affidare loro Afragola e eliminare il rivale soprannominato “’o Checco”, uomo di fiducia di “’o Nennillo” Sasso. Ma come sempre accade qui, le alleanze si spezzano: Baratto chiese ai Nobile di uccidere “’o Checco”, ma senza successo, lasciando il gruppo a navigare da solo tra spaccio e tradimenti. È una danza familiare, dove ogni patto nasconde un coltello, e noi locali vediamo come questi legami fluidi alimentino un’instabilità che travolge interi quartieri.
Barra non lesina dettagli cruenti: racconta di un incontro al parco “Si” di Casoria, in pieno giorno, dove Baratto si presenta armato, affiancato da “Topolone” e altri, pronti a “buttare a terra la casa” di una famiglia rivale usando un Kalashnikov. Quel fucile, simbolo di una violenza che ha superato la semplice pistola, è stato sequestrato a Caivano e rappresenta il balzo qualitativo di questi clan, che non esitano a usare armi da guerra per intimidire. Io, che ho coperto storie simili, non posso non riflettere su quanto questo escalation metta a rischio innocenti, come i bambini che Barra temeva di coinvolgere. È un richiamo amaro alla nostra realtà: in queste strade, un’arma non è solo un mezzo, ma un messaggio che terrorizza l’intera comunità.
Le alleanze dei Nobile si estendono come una rete: con i gruppi di Casoria, Caivano e Frattamaggiore, dove i cugini Antonio Nobile, detto “Spiedino” (classe 2000), e Antonio Nobile, detto “Topolone” (classe 2004), emergono come leader di un’operazione che mescola droga, estorsioni e agguati. In Frattamaggiore, il legame con il gruppo Orefice, erede del clan Pezzella guidato da Francesco Pezzella, detto “Pan ’e ran”, ha rafforzato la loro presa, specialmente dopo l’arresto di Michele Orefice, soprannominato “’o nir nir”, che ha lasciato il figlio Luigi a cercare nuovi equilibri. Da cronista del territorio, mi chiedo come questi giovani, con tutta la loro foga, stiano perpetuando un ciclo che i vecchi boss avevano già reso insostenibile, trasformando le nostre piazze in teatri di sangue.
Le intercettazioni rivelano il nervosismo dei “Panzarottari” di fronte alla collaborazione di Barra. In una conversazione ad Afragola, Antonio Nobile “Spiedino” e Alex Pollaro commentano un articolo su una pagina social locale, con “Topolone” che si unisce via videochiamata, temendo che le dichiarazioni di “’o Scucciat” (così chiamato Barra) diventino prove schiaccianti. È un momento che cattura la paura di chi, pur giovanissimo, sa di essere esposto: un riflesso della nostra società, dove anche i criminali avvertono il fiato dello Stato sul collo.
Il primo omicidio, quello di Antonio Vitale – 56 anni, detto “Tonino ’o puorc” – avviene il 10 giugno 2025 a Cardito: una raffica di proiettili lo colpisce mentre guida, in piena luce, segnando l’ennesimo atto di una guerra per il controllo dello spaccio. Le telecamere mostrano un’Audi Q2 bianca e una Smart nera sul luogo, legate direttamente ai Nobile: l’auto è trovata nel cortile di “Topolone”, con una donna della sua famiglia alla guida. È un intreccio di legami familiari e logistica criminale che, per me, rappresenta il volto nascosto della camorra, dove i clan usano reti di fiancheggiatori per coprire le loro tracce.
Solo un giorno dopo, l’11 giugno 2025, Pasquale Buono viene ucciso ad Afragola, nel suo negozio di intaglio, da due uomini su uno scooter nero. Buono, vicino al clan Moccia, crolla sotto i colpi in un agguato spietato, davanti al padre. Le indagini identificano lo scooter, noleggiato da ragazzi legati ai Nobile e frequentatori del parco Sant’Antonio – tra cui Marco Castiello, Alex Pollaro e Biagio Esposito –, rafforzando il sospetto di un unico filo conduttore. Come giornalista locale, vedo in questi eventi non solo crimini isolati, ma sintomi di un vuoto di potere che ha permesso a bande fluide e feroci di proliferare, alimentando una metamorfosi della camorra da strutture tradizionali a un mosaico di alleanze precarie.
Alla fine, il decreto della Dda non fa che confermare ciò che molti di noi sospettano: i “Panzarottari” sono al centro di questo nuovo ordine, orchestrando “stese” e omicidi per dominare il narcotraffico e le estorsioni. È una realtà che ci impone di riflettere, come comunità, su come spezzare questo circolo vizioso, prima che altre vite vadano perse nelle nostre strade.
