Cronaca
Futuro dello Stadio Maradona a rischio: Manfredi valuta persino la vendita, un’ipotesi che inquieta la città.
Napoli apre al futuro dello Stadio Maradona: investimenti, vendite e una città pronta a giocare d’anticipo #NapoliCalcio #StadioMaradona #CittàInMovimento
In una Napoli che non si arrende mai ai ritardi burocratici e alle vecchie diatribe, il sindaco Gaetano Manfredi torna a parlare dello Stadio Maradona come di un bene da valorizzare, non solo per i tifosi ma per l’intera comunità. È una mossa che sa di apertura realistica, ma anche di un po’ di realismo critico: qui, nel cuore del Sud, dove gli stadi sono più di impianti sportivi, sono veri e propri simboli di identità, le parole di Manfredi riecheggiano come un invito a smettere di litigare e iniziare a costruire. Eppure, mentre il Comune si dice pronto a investire o persino a cedere, non possiamo ignorare quanto questa partita sia intrisa di tensioni accumulate negli anni, con il presidente Aurelio De Laurentiis che ha spesso accusato l’amministrazione di essere troppo lenta e poco visionaria.
Come un cronista del quartiere di Fuorigrotta, che vede ogni giorno le file dei tifosi e le crepe sul cemento, devo sottolineare quanto questa disponibilità del sindaco non sia solo una dichiarazione formale. “Oggi sullo stadio abbiamo una posizione chiara: siamo disposti a investire sul Maradona e, se il Napoli volesse farlo in proprio, siamo pronti a discuterne. Siamo anche disposti a vendere lo stadio, come è accaduto a Milano”. Queste parole, pronunciate ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli, mettono sul tavolo opzioni concrete, ma ricordano anche i limiti di un ente pubblico: non è semplice trasformare uno stadio in un affare privato senza inciampare in procedure e vincoli. Manfredi insiste che l’obiettivo resta “fare le cose per il bene della squadra e della tifoseria”, ma aggiunge con cautela “Qualora ci fosse questa disponibilità, noi non ci tireremo indietro, ma siamo un ente pubblico, quindi una situazione del genere andrebbe seguita con cura”. È un equilibrio delicato, tipico della Napoli che conosco, dove l’entusiasmo popolare si scontra con la realtà amministrativa, e dove ogni mossa rischia di diventare un’altra scusa per le polemiche.
Non è un caso che Manfredi tiri in ballo il modello di Milano: lì, con San Siro, si è discusso di cessioni e gestioni senza troppi drammi, ma qui a Napoli, dove la burocrazia può essere un muro invisibile, questo confronto rischia di allungare i tempi. Le opzioni sul tavolo sono chiare – un restyling finanziato dal Comune, un progetto condiviso con il club o addirittura la vendita – ma ciascuna porta con sé sfide locali che conosco bene: costi esorbitanti, ritardi nei permessi e pressioni dalla tifoseria. De Laurentiis ha sempre lamentato questi ostacoli, minacciando di lasciare Fuorigrotta per un nuovo impianto, e da cronista del territorio, devo dire che ha un punto: in una città che lotta per modernizzarsi, uno stadio obsoleto limita non solo il Napoli, ma anche l’economia locale, dal turismo agli eventi.
E qui entrano in gioco le ambizioni più ampie di Napoli. Come qualcuno che vive queste dinamiche quotidiane, vedo lo stadio non solo come casa del calcio, ma come un motore per lavoro e crescita. Manfredi lo collega al quadro generale, affermando “Napoli cresce più delle altre città”, e ha ragione: con un PIL in ascesa, la città potrebbe sfruttare il Maradona per attirare eventi internazionali e creare ricchezza. Ma è proprio su questo fronte che le frizioni con De Laurentiis si intensificano – lui accusa il Comune di non valorizzare appieno il club, fresco campione d’Italia, mentre l’amministrazione replica con i suoi vincoli. È una danza familiare, fatta di accuse su canoni, sponsor e manutenzioni, che lascia i tifosi in attesa di risposte reali.
Ora, la palla è nel campo di De Laurentiis: il Comune ha lanciato guanti di sfida, offrendo dialogo su investimenti, progetti condivisi o cessione, ma spetta al patron azzurro mostrare le carte. Come giornalista locale, immerso in questa realtà, non posso fare a meno di riflettere su quanto tutto questo sia un test per Napoli, una città che aspira a essere una “grande capitale europea”, ma che spesso inciampa nei suoi stessi nodi burocratici. I tifosi, e l’intera comunità, meritano un futuro per lo stadio che vada oltre le lamentele: che sia un Maradona rinnovato o un addio a Fuorigrotta, l’importante è che si trasformi da simbolo di tensione a pilastro di sviluppo, unendo gli interessi pubblici con l’orgoglio calcistico in un’unica, vincente formazione.
