Cronaca
Delitto a Cervinara: Passariello evita l’ergastolo, un verdetto che fa discutere la comunità locale. (78 caratteri)
#VerdettoInattesoAdAvellino: L’omicidio di Giuseppe Tirone finisce con 16 anni, ma la comunità si interroga sui veri equilibri della giustizia locale
Ad Avellino, dove le aule del tribunale non sono solo sale di giudizio ma specchi della nostra vita provinciale, si è appena chiuso un processo che ha lasciato tutti con più domande che risposte. Il caso dell’omicidio di Giuseppe Tirone, quel 51enne di Cervinara conosciuto da tutti come un uomo semplice e radicato nel nostro territorio irpino, si è risolto in un verdetto che, per quanto sorprendente, rispecchia le complessità di un sistema legale spesso in bilico tra rigore e umanità.
Presieduta dal giudice Gian Piero Scarlato, la Corte d’Assise ha emesso una sentenza che ha diviso opinioni: Massimo Passariello, 40enne con un passato di guai giudiziari, è stato condannato a 16 anni di reclusione. La pena finale di 16 anni è giunta a fronte di una battaglia legale estremamente aspra. Eppure, evitando l’ergastolo tanto richiesto dal pubblico ministero e dalle parti civili, la corte ha accolto le tesi difensive, assolvendo Passariello dall’aggravante dei futili motivi e riconoscendo attenuanti generiche che hanno prevalso sull’unica aggravante ammessa, quella della crudeltà.
Come cronista del posto, non posso fare a meno di riflettere su quanto questo esito dica delle nostre dinamiche locali. Qui, ad Avellino, dove le faide personali spesso affondano le radici in storie di quartiere o vecchi rancori, una lite finita in tragedia come quella che ha coinvolto Tirone – cosparso di liquido infiammabile e bruciato vivo, morendo dopo dieci giorni di agonia all’ospedale Cardarelli di Napoli – avrebbe potuto scatenare un’onda di indignazione popolare. Invece, la decisione della corte sembra un compromesso calcolato, forse per non sovraccaricare un sistema già sovraccarico di casi simili in provincia. Gli avvocati Vittorio Fucci e Domenico Cioffi, che hanno ribaltato le accuse concentrandosi sull’assenza di moventi banali, hanno senza dubbio giocato bene le loro carte, ma questo non cancella il sapore amaro per le famiglie delle vittime, che si sentono ancora una volta sottovalutate.
La pubblica accusatrice, la dottoressa Annecchini, insieme ai legali delle parti civili come Pierluigi Pugliese e gli altri, aveva insistito per l’ergastolo, descrivendo l’atto come un efferatezza pura. E in effetti, per chi vive in queste zone, dove la violenza domestica o tra conoscenti è un problema purtroppo ricorrente, è difficile non vedere in questa condanna un segnale ambiguo: da un lato, una vittoria per la difesa che evita il peggio; dall’altro, un avvertimento su quanto le attenuanti possano smorzare pene che la comunità percepisce come necessarie per una vera deterrenza.
Non è solo una questione di numeri penali; è il tessuto sociale di Cervinara e dintorni a essere messo alla prova. Passariello, con i suoi precedenti, rappresenta per molti l’incarnazione di un ciclo di reati che fatica a spezzarsi in queste aree periferiche, dove le opportunità scarseggiano e le seconde possibilità sono merce rara. Eppure, la corte ha scelto di guardare oltre, premiando forse una strategia difensiva astuta. Ora, con l’annuncio di un appello da parte degli avvocati, la storia è lontana dalla fine, e noi qui ad Avellino ci chiediamo: quanto ancora dovranno aspettare le nostre comunità per un equilibrio tra giustizia e misericordia che non lasci spazio a dubbi? La battaglia continua, e con lei, il nostro impegno a raccontarla con onestà e spirito critico.
