Cronaca
De Luca insiste: “Il campo largo? L’abbiamo inventato in Campania cinque anni fa”
#DeLucaRivendicaIlCampoLargo: Il governatore campano accende il dibattito sul centrosinistra nazionale, ricordando le radici partenopee
In una Napoli sempre in bilico tra orgoglio locale e giochi nazionali, Vincenzo De Luca non si limita a un semplice sopralluogo nel Rione San Francesco – dove i lavori di riqualificazione procedono tra polvere e promesse – ma lancia una critica affilata alla confusione che avvolge il centrosinistra a livello nazionale. Con la tipica grinta di chi ha governato questa terra tra mille sfide, il presidente uscente della Regione Campania rivendica con forza la paternità di quel “campo largo” che, a suo dire, è nato proprio qui, nel Sud, ben prima che diventasse un tema di moda nei palazzi romani. Come cronista locale, mi chiedo spesso quanto queste battaglie interne al centrosinistra riflettano le reali esigenze della nostra gente, stanca di alleanze che sembrano più calcoli elettorali che soluzioni concrete.
Durante la sua visita al quartiere, De Luca ha colto l’occasione per illustrare i progressi degli interventi di riqualificazione, un passo importante per un’area che da anni lotta contro il degrado. Ma è stato il suo intervento politico a rubare la scena, con un richiamo diretto alle origini di un’alleanza che, secondo lui, ha segnato il passo per il centrosinistra. “Il campo largo lo abbiamo fatto in Campania cinque anni fa – ha dichiarato De Luca –. Vedo che c’è molta confusione e gente dalla memoria corta. Il vero campo largo è questo, quello che abbiamo costruito noi. Quello di oggi, a livello nazionale, è solo una conseguenza minore di quella scelta”. Questa dichiarazione non è solo un’affermazione, ma un monito: qui in Campania, dove la politica si mescola con la vita quotidiana, abbiamo visto come queste alleanze possano funzionare, o almeno portare risultati tangibili, a differenza delle discussioni astratte che si fanno altrove.
De Luca lega questo modello alle vittorie elettorali recenti, ricordando come il fronte progressista abbia trovato unità attorno a figure come Gaetano Manfredi per il Comune di Napoli e Roberto Fico nella guida regionale. È un percorso che, per chi vive queste dinamiche da vicino, appare come un esempio di pragmatismo: un’alleanza che ha unito forze diverse per affrontare problemi reali, come la disoccupazione e i servizi pubblici in una regione spesso lasciata ai margini. Ora, con le prossime elezioni politiche all’orizzonte, questo “laboratorio campano” viene proposto come blueprint nazionale, ma io, da osservatore del territorio, non posso fare a meno di notare quanto sia facile idealizzare questi successi ignorando le frizioni sottostanti. In fondo, quante volte abbiamo visto alleanze nate forte evaporare di fronte a interessi locali?
Per rafforzare la sua tesi, De Luca ha richiamato i risultati delle Regionali del 2020, quando la coalizione che lo sosteneva ottenne un consenso straordinario. “Sono stato votato dal 70% dei cittadini – ha rimarcato –. Quell’alleanza in Campania prese un milione e 800mila voti, cioè 500mila voti in più rispetto a questa tornata elettorale”. Numeri che, per un giornalista come me che copre queste storie da anni, suonano come un campanello d’allarme per il centrosinistra nazionale: se in Campania siamo riusciti a mobilitare così tanta gente, è perché abbiamo costruito ponti con la realtà quotidiana, non solo con slogan. Eppure, c’è un’ironia di fondo – quella tipica delle dinamiche partenopee – nel vedere come queste vittorie vengano ora invocate come esempio, mentre a Roma si inciampa ancora nelle vecchie divisioni.
Non ha risparmiato stoccate al Movimento 5 Stelle, che oggi è al centro del dibattito nazionale accanto al Partito Democratico. “Il M5S non aderì alla coalizione per una sua scelta, non per una mia scelta – ha affermato –. Erano ancora in una fase ideologica e non c’era stata ancora l’innovazione di Conte”. Come chi vive e respira l’aria di Napoli, dove il M5S ha avuto alti e bassi, mi trovo a riflettere su quanto queste critiche rivelino delle tensioni ancora irrisolte. Il Movimento, con la sua evoluzione sotto Conte, ha aperto le porte alle alleanze, ma qui da noi, il distacco iniziale ha lasciato ferite che non si sono del tutto cicatrizzate. È un promemoria che, nel mondo reale della politica locale, le ideologie devono confrontarsi con la concretezza, e non sempre ne esce un quadro roseo.
In questo momento di assestamento post-voto, il messaggio di De Luca è chiaro: da un lato, affermare che il modello campano è stato un apripista; dall’altro, rammentare ai leader nazionali che non possono ignorare le lezioni di un territorio come il nostro, dove la politica si intreccia con la vita delle persone. Come cronista impegnato, vedo in tutto ciò non solo una rivendicazione personale, ma un invito a un dibattito più maturo, uno che guardi oltre le beghe romane e si radichi nelle realtà locali. Qui in Campania, tra successi e critiche, continuiamo a navigare queste acque turbolente, sperando che il “campo largo” non resti solo un’eredità, ma diventi un ponte per il futuro.
