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Cronaca

Così il clan D’Alessandro infila le mani sul 118, speculando sul lutto quotidiano di Castellammare.

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Così il clan D’Alessandro infila le mani sul 118, speculando sul lutto quotidiano di Castellammare.

#CamorraTraVitaEMorte: A Castellammare, la “nuova vita” che inganna la morte e ingrassa i clan

A Castellammare di Stabia, dove il Vesuvio fa da sfondo a storie di resilienza e decadenza, la camorra ha trovato un modo particolarmente cinico per trasformare il dolore in profitto: una società di ambulanze che fingeva di ridare vita ai defunti per aggirare le regole. È una di quelle vicende che, da queste parti, ci fa riflettere su quanto il crimine sia radicato nelle pieghe quotidiane, erodendo non solo le leggi, ma anche la dignità della comunità. Come un cronista locale che conosce bene le strade e i vicoli di questa città, non posso fare a meno di commentare: è l’ennesimo capitolo di un copione mafioso che ci rende prigionieri del nostro passato, eppure ci lascia sempre più arrabbiati e impotenti.

Il meccanismo era semplice e spietato, un affare lucroso camuffato da servizio essenziale. La New Life, con un nome che suona come una beffa ironica, trasportava pazienti già deceduti come se fossero ancora vivi, sfruttando documenti falsi e la complicità di chi, negli ospedali, preferiva voltare lo sguardo. Questo trucco permetteva al clan D’Alessandro di bypassare i controlli comunali, assicurandosi un monopolio sul trasporto sanitario e funebre. “Resuscitare” i defunti per aggirare le norme che riservano ai soli impresari funebri autorizzati il prelievo delle salme: è questa l’astuzia perversa che ha alimentato il loro impero, trasformando la tragedia in un banale business. Da cronista del territorio, mi chiedo come sia possibile che, in una città come la nostra, dove ogni famiglia ha conosciuto il lutto, nessuno abbia alzato la voce prima.

L’operazione è stata smantellata dai carabinieri di Torre Annunziata, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, con il sequestro della società e cinque misure cautelari. Gli indagati includono figure chiave del clan: Daniele Amendola, 45 anni, un imprenditore prestanome legato alla famiglia “cape e fierro”, e Luigi Staiano, 37 anni, nipote del defunto boss Michele D’Alessandro. Altri nomi nell’ombra sono Antonio Rossetti, 53 anni, una figura storica del clan detenuto al 41 bis; Giuseppe Di Lieto, 32 anni; e Pasquale Esposito, 50 anni, genero di un boss. Sono accusati di trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza e tentata estorsione, tutte aggravate dal metodo mafioso. Qui a Castellammare, dove le parentele contano più dei curriculum, questo intreccio di famiglia e crimine non stupisce, ma indigna: è la dimostrazione di come il clan controlli non solo le strade, ma anche i corridoi degli ospedali, rendendo ogni servizio pubblico un’estensione del loro potere.

La truffa funzionava con una precisione quasi burocratica, un inganno che sfruttava le crepe del sistema. Secondo le indagini, quando un paziente moriva al San Leonardo, gli uomini della New Life compilavano falsi documenti per far sembrare che fosse ancora in vita durante il trasporto. L’ambulanza partiva con sirene e luci accese, portando via il cadavere come se fosse un’emergenza medica. Nel periodo tra aprile e luglio 2021, gli investigatori hanno documentato almeno tre casi, ma i collaboratori di giustizia hanno rivelato che questi “viaggi fantasma” erano molto più comuni, forse centinaia. Ogni piano dell’ospedale aveva un referente pronto ad avvisare il clan al primo segno di declino di un paziente. È un meccanismo che, da un punto di vista locale, denuncia una rete di complicità diffusa: come possiamo fidarci di istituzioni che permettono a criminali di trattare la morte come una merce scaduta?

L’impero delle ambulanze del clan si estendeva ben oltre questi trucchi, rappresentando un affare da milioni di euro. Controllavano il 118, i trasporti privati, le emergenze turistiche lungo la costiera e persino i trasferimenti di pazienti gravi. Le ditte concorrenti venivano minacciate o sabotate per lasciare campo libero, come emerge dall’ordinanza cautelare del gip Federica Colucci. È una forma di monopolio mafioso che trasforma i servizi sanitari in uno strumento di controllo sociale ed economico, un regime che noi stabiesi subiamo da troppo tempo. Riflettendo su questo, non posso non pensare a quanto questa infiltrazione abbia reso il nostro territorio ostaggio: ogni gara d’appalto, ogni appalto pubblico, è una battaglia persa in partenza.

Ma il clan non si fermava alla sanità. Dalle intercettazioni e testimonianze, emergevano ambizioni più ampie, come il tentativo di imporre il servizio di ristoro allo stadio Romeo Menti, casa della Juve Stabia. Luigi Staiano avrebbe minacciato il responsabile della sicurezza per ottenere l’appalto, confermando una strategia di diversificazione che va dalla salute allo sport. È un’espansione che, per chi vive qui, suona come un’allerta: la camorra non si accontenta di un settore, punta a tutto ciò che porta denaro pubblico o visibilità, infilandosi nelle nostre passioni e nelle nostre necessità.

A svelare i dettagli di questo sistema sono stati i collaboratori di giustizia Valentino Marrazzo e Pasquale Rapicano, che hanno descritto le operazioni con precisione. “Ogni piano aveva un contatto”, ha raccontato uno di loro, spiegando come l’ambulanza arrivasse prima ancora che i medici formalizzassero il decesso. È una testimonianza che squarcia il velo di silenzio, ma che, da cronista locale, mi fa interrogare sul prezzo di questi pentimenti: quante storie simili rimangono sepolte per paura? Questa macchina criminale, alimentata da terrore e complicità, è il ritratto di una camorra che si nutre del dolore collettivo.

Alla fine, il paradosso della New Life è emblematico di Castellammare: un nome che prometteva rinascita, ma che in realtà simboleggiava l’ennesimo affare sporco su cadaveri e inganni. In una città che lotta per scrollarsi di dosso l’ombra della mafia, storie come questa ci ricordano che il vero cambiamento è ancora un miraggio. La camorra non muore, si adatta, e noi, come comunità, dobbiamo trovare il coraggio di contrastarla, un articolo alla volta.

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