Cronaca
Caso Vassallo: A Salerno, il presidio per Cagnazzo grida “Verità e giustizia per tutti”, mentre la comunità attende risposte. (84 caratteri)
#PresidioASalernoPerCagnazzo: Sostenitori da tutta Italia chiedono verità per il colonnello indagato nel caso Vassallo
A Salerno, il cuore pulsante di una comunità ancora ferita dall’omicidio del sindaco-pescatore Angelo Vassallo, si è riproposto quel mix di solidarietà e tensione che da anni caratterizza le nostre aule giudiziarie. Come cronista locale, abituato a navigare tra le onde della quotidianità salernitana, non posso fare a meno di notare come questo presidio non sia solo un atto di fede verso un uomo in difficoltà, ma un riflesso delle divisioni che solcano il nostro territorio, dove la ricerca della verità spesso si scontra con le lealtà personali.
Persone arrivate da regioni lontane, dal Lazio alla Sicilia, si sono riunite stamattina davanti alla Cittadella Giudiziaria, indossando magliette che portavano un messaggio inequivocabile di appoggio. Amici, ex colleghi e sostenitori del colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, coinvolto nelle indagini sull’uccisione di Vassallo nel 2010, hanno trasformato l’ingresso del palazzo in un simbolo di resistenza. Mentre all’interno proseguiva l’udienza preliminare, all’esterno sventolava uno striscione che recitava: “Verità e giustizia anche per Fabio Cagnazzo”. Un’iniziativa, come hanno spiegato i partecipanti, mirata non a sfidare l’inchiesta sull’omicidio, ma a difendere un individuo che considerano ingiustamente trascinato in questa bufera.
In un contesto come il nostro, dove Salerno è da sempre un crocevia di storie di impegno civico e ombre del crimine organizzato, questo tipo di manifestazioni solleva interrogativi profondi. Da un lato, c’è il legittimo diritto di esprimere solidarietà; dall’altro, il rischio che queste voci amplifichino le fratture nella comunità, alimentando dibattiti su chi merita davvero “giustizia”. I manifestanti, con il loro impegno, sembrano voler ricordare al territorio che Cagnazzo non è solo un indagato, ma un ex ufficiale che ha dedicato la carriera a combattere il male – un elemento che, nel nostro sud, rende la faccenda ancora più delicata.
Tra i presenti, uno degli amici ha condiviso con forza le ragioni del gruppo: «Siamo qui per testimoniare vicinanza a Fabio e chiedere la verità processuale. Siamo estremamente convinti della sua innocenza. È il primo a chiedere giustizia non solo per sé, ma anche per il sindaco Vassallo. Parliamo di un uomo delle istituzioni, di un colonnello che ha arrestato centinaia di latitanti: non può essere trasformato nel capro espiatorio di questa vicenda». Queste parole, pronunciate con passione, riecheggiano nelle strade di Salerno, dove molti si chiedono se la prolungata incertezza del processo non stia erodendo la fiducia nelle istituzioni. La sorella del colonnello, rimasta in discreto silenzio per tutta la mattinata, ha offerto un’immagine di resilienza familiare che mi fa riflettere su quanto le dinamiche locali – dai legami professionali al peso delle accuse – influenzino le vite quotidiane.
Mentre il presidio era in pieno svolgimento, Antonio Vassallo, figlio del sindaco scomparso, è entrato nel tribunale, un momento che cattura perfettamente la complessità di questa storia. Per noi che viviamo qui, è un promemoria che il dolore di Vassallo rimane una ferita aperta, e che eventi come questo non fanno che intrecciare ulteriormente i fili di una vicenda che ha segnato la memoria collettiva. In un territorio come il nostro, dove la giustizia è spesso lenta e contesa, questo episodio invita a una riflessione critica: stiamo davvero progredendo verso risposte definitive, o stiamo solo alimentando un ciclo di divisioni? Soltanto il tempo, e le aule dei nostri tribunali, potranno dirlo.
