Cronaca
Carceri campane al collasso: Ciambriello avverte di una bomba sociale sul punto di esplodere.
Le carceri campane sono una bomba sociale pronta a esplodere: 7.700 detenuti per 5.500 posti, urge un intervento! #EmergenzaCarcere #Campania #DirittiDetenuti
In questa terra di contraddizioni come la Campania, dove la vitalità delle strade si scontra spesso con le sue piaghe sociali, l’emergenza carceraria non è solo un dato statistico, ma un campanello d’allarme che risuona forte nelle nostre comunità. Samuele Ciambriello, il Garante dei detenuti della Regione, non sta semplicemente segnalando un problema: sta dipingendo un ritratto crudo di un sistema che, da queste parti, alimenta disuguaglianze e tensioni sociali già fin troppo palpabili. Conosciamo bene, noi campani, come il sovraffollamento non sia solo un numero, ma un fattore che aggrava il disagio quotidiano, rendendo le carceri non luoghi di riabilitazione, ma veri e propri barili di polvere da sparo.
I numeri parlano chiaro e confermano la gravità della situazione: qui in Campania, dove le strutture penitenziarie sono già messe a dura prova dalle dinamiche locali – pensiamo alle difficoltà economiche e sociali che spingono tanti verso la marginalità – ci sono 7.751 detenuti per una capienza regolamentaria di soli 5.500 posti. Allargando lo sguardo al contesto nazionale, il quadro è altrettanto allarmante, con 63.493 persone rinchiuse in spazi pensati per 45.000, e ben 9.730 in attesa di un primo giudizio, di cui 1.308 proprio nei nostri istituti campani. Come cronista del territorio, non posso fare a meno di riflettere su come questa overloading, come la chiamano gli esperti, rifletta le nostre debolezze sistemiche: un ricorso eccessivo alla custodia cautelare che, invece di risolvere, amplifica il caos, specialmente per reati minori che potrebbero essere gestiti diversamente.
Ciambriello, con la sua esperienza sul campo, punta il dito su un aspetto che conosco bene dalle storie che sento in giro: ” Troppa custodia cautelare e pene alternative insufficienti. Il Governo agisca come fatto in passato “. È un richiamo diretto, quasi una supplica, a ridurre l’uso della detenzione preventiva per chi è accusato di reati non gravi e a promuovere misure alternative per coloro che devono scontare pene inferiori ai quattro anni. E non è un’esagerazione: in Italia, circa 8.000 detenuti – 900 dei quali qui in Campania – affrontano condanne inferiori a un anno. Mi chiedo, come tanti abitanti di queste zone, ” Perché tenerli dentro? “, quando alternative come i domiciliari potrebbero alleggerire il peso su un sistema già al collasso, magari liberando risorse per interventi più mirati alle nostre realtà locali, dove il tessuto sociale è fragile.
Quello che emerge è un carcere che, nelle parole di Ciambriello, si trasforma in una “discarica sociale”, un “ospizio per poveri” che raccoglie le fragilità della società. Pensateci: in Italia, ci sono 20.000 detenuti stranieri, di cui 959 in Campania; 17.000 tossicodipendenti, con 1.704 nel nostro territorio; e 4.200 persone con problemi psichici, tra cui 400 qui da noi, molti dei quali erano già in cura prima di entrare. Da cronista locale, vedo come questo specchio deformato della nostra Campania – una regione che lotta con emigrazione, disoccupazione e servizi sociali carenti – non faccia altro che perpetuare un ciclo di esclusione. Il Garante non si limita a elencare fatti, ma lancia un appello al governo attuale: ” Il Governo di centro-destra dovrebbe avere il coraggio di fare ciò che il Governo Berlusconi ha fatto nel 2003 e nel 2010, specialmente quest’anno, nell’anno del Giubileo della Misericordia “. È una critica che risuona come un’eco delle nostre battaglie quotidiane, dove la mancanza di opportunità lavorative e programmi di reinserimento trasforma il carcere in un luogo di ozio forzato, aggravando tensioni che poi si riversano sulle nostre strade.
In fondo, come ha concluso Ciambriello, ” Il carcere è l’emblema della disuguaglianza e la rappresentazione pratica della mancata applicazione della Costituzione “. È una riflessione che, da chi vive e respira queste dinamiche, invita a un’azione urgente: vigilare sui diritti dei detenuti, promuovere l’umanizzazione della pena e, forse, ripensare il nostro approccio alla giustizia per renderla più vicina alle esigenze di una Campania che merita di meglio. In un territorio dove ogni problema è interconnesso, questa non è solo un’emergenza carceraria, ma un appello a non perdere la nostra umanità comune.
