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Cronaca

Campania, eletti i 50 consiglieri regionali: un’occhiata ai volti che dovranno affrontare le sfide locali ora.

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Campania, eletti i 50 consiglieri regionali: un’occhiata ai volti che dovranno affrontare le sfide locali ora.

#ElezioniCampania: La Valanga del Centrosinistra Travolge la Regione, con Fico che Dominante Palazzo Santa Lucia

In Campania, dove le dinamiche politiche spesso riflettono le complesse realtà locali – dalla vivacità di Napoli alle sfide delle aree interne – il risultato delle elezioni regionali è stato un chiaro segnale di continuità per il centrosinistra. Roberto Fico ha conquistato una vittoria schiacciante, superando il 60% e lasciando il centrodestra in una posizione marginale, con appena 17 seggi contro i 32 della coalizione vincente. Ma se i numeri parlano da soli, è impossibile non riflettere su come questo voto, con un’affluenza al 44,06%, evidenzi il disincanto di molti campani verso la politica, pur premiando le forze più strutturate.

In una regione come la nostra, segnata da promesse non sempre mantenute e da un tessuto sociale che lotta con disoccupazione e infrastrutture carenti, i dati elettorali offrono uno specchio realistico. Fico, con il suo 60,63% dei voti, ha totalizzato oltre 1,2 milioni di preferenze, superando nettamente Edmondo Cirielli al 35,72%. È una fotografia che non sorprende del tutto: il centrosinistra mantiene il controllo con 32 seggi, mentre il centrodestra si ferma a 17, e gli altri candidati rimangono esclusi per non aver raggiunto il 2,5%. Tra questi, spicca il quasi-ingresso di Campania Popolare di Giuliano Granato, inchiodato al 2,03%, un risultato che sottolinea come le proposte innovative spesso sfiorino la soglia senza varcarla, lasciando spazio alle grandi macchine partitiche.

Guardando alla distribuzione complessiva, il centrosinistra – forte del suo 60,63% – si aggiudica 32 seggi, confermando il suo ruolo dominante in un contesto dove l’alleanza ampia ha funzionato come un baluardo contro le frammentazioni. Dal mio punto di vista, qui da cronista immerso nelle strade di Campania, questo non è solo un trionfo numerico: è un commento tacito sui legami storici tra elettori e partiti consolidati, che resistono nonostante le critiche. Il centrodestra, con il 35,72% e 17 seggi, vede Fratelli d’Italia superare Forza Italia come primo partito di opposizione, un sorpasso che al 11,93% contro il 10,72% potrebbe indicare una lieve sterzata verso destra, ma che, onestamente, non basta a sfidare il blocco dominante.

Passando ai partiti, il Partito Democratico si conferma la forza trainante della regione, con il 18,41% e 10 seggi, anche se i suoi 370.016 voti sono leggermente inferiori rispetto al 2020. È un dato che mi fa riflettere: nonostante il calo assoluto, la percentuale più alta suggerisce una polarizzazione, con gli elettori fedeli che premiano la solidità del PD, forse per paura del vuoto. Nel centrodestra, Fratelli d’Italia e Forza Italia si dividono 6 seggi ciascuno, ma è evidente che il 11,93% di FdI rappresenta un segnale di crescita, sia pure in un contesto di sconfitta generale. Altre liste come M5S, sotto il 10% con 5 seggi, e A testa alta all’8,34% con 4 seggi, completano il quadro, mostrando come le alleanze personali e le liste civiche stiano diventando sempre più decisive in una Campania dove l’identità locale pesa più di ideologie nazionali.

Tra gli eletti, il campo di Fico brilla con figure radicate nel territorio: Giorgio Zinno, ex sindaco di San Giorgio a Cremano, sfiora le 40mila preferenze, incarnando quel legame con i comuni che tanto manca altrove. Nel M5S, Luca Trapanese e gli altri cinque eletti portano una ventata di rinnovamento sociale, un elemento che, come locale, apprezzo per l’attenzione alle politiche comunitarie. Poi ci sono le sorprese, come Gennaro Oliviero, passato dal PD a A testa alta, che con i suoi 4 seggi per la lista ispirata da Vincenzo De Luca, dimostra quanto le fedeltà personali possano ancora influenzare il voto. Sul fronte opposto, Fratelli d’Italia celebra Ira Fele come la più votata, un risultato che, però, mi fa pensare a quanto le dinamiche familiari e imprenditoriali continuino a intrecciarsi con la politica regionale, talvolta a scapito di una vera meritocrazia.

Le liste minori, come Avanti Campania con i suoi 3 seggi o Cirielli Presidente con 2, aggiungono sfumature a questo mosaico, ma non cambiano la narrativa: il centrodestra cresce in voti assoluti rispetto a cinque anni fa, eppure resta lontano dal contendere il dominio. È qui che, da chi vive queste storie quotidiane, emerge un commento critico: candidati come Maria Rosaria Boccia, ferma a soli 118 voti con Dimensione Bandecchi, o Pasquale Di Fenza, escluso nonostante i suoi video virali, simboleggiano come l’innovazione e il carisma social non bastino contro le strutture consolidate. E non posso non notare l’ironia negli esclusi “eccellenti”, come Daniela Di Maggio, che con 964 voti non ha sfondato, o Souzan Fatayer, rimasta fuori nonostante le polemiche nazionali, un segno che la visibilità mediatica non sempre traduce in consenso locale.

In sintesi, queste elezioni confermano una Campania saldamente nelle mani del centrosinistra, ma con un affluenza bassa che ci invita a una riflessione più profonda: dobbiamo interrogarci su come riaccendere la partecipazione, per evitare che i successi numerici mascherino le disillusioni sul campo. Qui, tra le nostre piazze e i nostri problemi quotidiani, la vera sfida inizia ora.

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