Cronaca
Bagnoli sotto assedio: Operai contro il dragaggio, “inquinando il mare per i privilegi della vela”
#BagnoliSiRibella: La lotta contro l’opacità dei lavori per l’America’s Cup mette in crisi il quartiere
La “ferita” di Bagnoli si riapre, tornando a infiammare le discussioni nel cuore di Napoli, dove le tracce dell’inquinamento industriale continuano a segnare il paesaggio e le vite dei residenti. Come cronista del territorio, non posso fare a meno di notare quanto questa storia rifletta le solite contraddizioni di un quartiere che combatte per il suo futuro, mentre gli interessi esterni sembrano calpestare le promesse passate. Ieri, tra 500 e 600 persone – l’anima operaia di Bagnoli, fatta di chi qui è nato e cresciuto – hanno bloccato viale Campi Flegrei, protestando contro quella che definiscono apertamente una “colonizzazione”. È un grido di rabbia che conosco bene: la riqualificazione accelerata per l’America’s Cup non è vista come un’opportunità, ma come l’ennesimo tradimento ai danni della gente comune, sempre in balìa di decisioni calate dall’alto.
Il problema principale è l’assenza di trasparenza nei cantieri, che procedono come spettri senza un piano condiviso. L’iniziativa, promossa da “Bagnoli in formazione” – un’alleanza di comitati come Mare Libero e altre realtà locali – denuncia con forza che i lavori per la Coppa America, prevista per aprile, sono partiti “senza confronto né trasparenza”. È proprio questo il tasto dolente: senza progetti pubblici chiari, come possiamo fidarci? Parlando con gli attivisti, sento riecheggiare le frustrazioni di una comunità che ha già pagato un prezzo alto per l’industrializzazione selvaggia. Il nodo cruciale è il dragaggio dei fondali per i campi base sulla colmata, un’operazione che rischia di agitare i veleni sepolti da decenni.
Come qualcuno del posto, non posso ignorare il terrore che serpeggia tra la gente. Gli attivisti, tra cui l’attivista Aldo Amoretti, tuonano: “Non esiste ancora un progetto pubblico e chiaro”. “Non sono pubblici i termini dell’accordo tra governo e organizzatori. Praticamente non conosciamo né il progetto di fattibilità né quello esecutivo. E intanto iniziano i lavori”. E questa “prepotenza”, come la chiamano, suona come una presa in giro per chi ha combattuto per anni contro l’inquinamento. Il dragaggio potrebbe rimettere in circolo inquinanti cancerogeni nei sedimenti, peggiorando la contaminazione nelle acque tra Coroglio e Bagnoli. È una prospettiva che fa tremare i locali, quelli che hanno nuotato in quel mare da bambini, sognando un giorno di riavere un litorale pulito e accessibile a tutti.
Da decenni, Bagnoli chiede una vera bonifica: ripristino della costa, rimozione dei rifiuti industriali e la restituzione del mare alla comunità per una balneazione libera. Eppure, sembra che questi sforzi stiano per essere sacrificati sull’altare di un evento sportivo. “Una regata per ricchi che cancella la bonifica”, è l’accusa che riecheggia tra i manifestanti, diretta alla politica tutta, che con un consenso bipartisan ha messo da parte il piano regolatore comunale. Ironico, vero? Mentre ruspe e macchinari già rombano nell’area, mancano accordi trasparenti e garanzie reali. Per i residenti storici, non si tratta di progresso, ma di un’altra estromissione calcolata, dove il quartiere viene riplasmato per i turisti e gli investitori, ignorando chi lo vive ogni giorno.
Alla fine, questa protesta è un campanello d’allarme per Napoli intera: se non ascoltiamo le voci di Bagnoli, rischiamo di perdere pezzi di identità in nome di eventi che brillano solo in superficie. È tempo che le istituzioni smettano di trattare questi luoghi come pedine, e inizino a costruire con la gente, non contro di essa.
