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Cronaca

Addio a Peppe Vessicchio, il maestro che ha unito gli italiani con la sua musica indimenticabile.

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Addio a Peppe Vessicchio, il maestro che ha unito gli italiani con la sua musica indimenticabile.

Triste addio a Peppe Vessicchio: da Napoli al cuore d’Italia, un maestro che ha orchestrato sogni #SanremoIcona #MusicaNapoletana #AddioMaestro

È con un senso di vuoto che raccontiamo la scomparsa di Peppe Vessicchio, un pilastro della musica italiana che ha saputo intrecciare le note della tradizione napoletana con l’eleganza dei grandi palchi nazionali. Nato a Napoli nel 1956, questo artista versatile si è spento a 69 anni all’Ospedale San Camillo Forlanini di Roma, dopo una breve lotta con gravi complicazioni, lasciando dietro di sé un’eredità che risuona ancora nelle strade della sua città e oltre.

Come cronista locale, non posso fare a meno di riflettere su quanto Vessicchio incarnasse lo spirito di Napoli: una miscela di passione popolare e rigore artistico che ha reso la musica italiana più accessibile e umana. I suoi esordi nella città partenopea, collaborando con icone come Edoardo Bennato, Nino Buonocore, Peppino di Capri, Peppino Gagliardi e Lina Sastri, non erano solo passi di carriera, ma un vero e proprio omaggio alle radici culturali del Sud. Quegli arrangiamenti, entrati nella storia, ci ricordano come, qui da noi, la musica non sia solo intrattenimento, ma un legame profondo con la comunità – un aspetto che, purtroppo, rischia di perdersi nell’era digitale, dove il vero “suono” locale è sempre più raro.

La sua collaborazione con Gino Paoli, che ha dato vita a brani indimenticabili, sottolinea un’era in cui la musica italiana sapeva unire generazioni, ma anche evidenzia un realismo amaro: oggi, con l’industria musicale dominata da trend veloci, figure come Vessicchio – che hanno fuso il cabaret con la direzione d’orchestra, come nei suoi anni con il gruppo “I Trettré” – sembrano un lusso del passato. Eppure, è proprio questa versatilità che lo ha portato al Festival di Sanremo, dove ha debuttato nel 1990 e lasciato un segno indelebile.

Per decenni, la sua figura elegante e quella barba inconfondibile sono state sinonimo di Sanremo: ha diretto centinaia di brani e vinto ben quattro edizioni, tra cui quella del 2000 con “Sentimento” degli Avion Travel, del 2003 con “Per dire di no” di Alexia, del 2010 con “Per tutte le volte che” di Valerio Scanu e del 2011 con “Chiamami ancora amore” di Roberto Vecchioni. E non dimentichiamo i premi come miglior arrangiatore nel 1994, 1997 e 1998, o il riconoscimento speciale della giuria nel 2000 presieduta da Luciano Pavarotti. Da qui, come osservatore del territorio, mi chiedo: in un contesto locale dove i giovani talenti lottano per emergere, quanto ancora valorizziamo questi maestri che elevano il nostro patrimonio culturale?

Parallelamente, Vessicchio ha lasciato il segno in televisione, partecipando a trasmissioni come Buona Domenica, Viva Napoli e Note di Natale, per poi brillare nel talent “Amici” di Maria De Filippi, dove ha formato nuove voci con la sua competenza pacata. In un Sud Italia che spesso vede i suoi artisti emigrare verso il nord, lui ha rappresentato un ponte, mostrando come l’insegnamento e la passione possano ispirare le generazioni future senza perdere l’autenticità.

La sua partenza lascia un vuoto palpabile nel panorama artistico, soprattutto qui, dove la musica è parte dell’anima collettiva. Peppe Vessicchio non era solo un direttore d’orchestra; era un esempio di come la cultura locale possa influenzare l’intero paese, con un approccio rispettoso e ironico che non sovrasta mai le storie che accompagna. In un mondo che corre troppo veloce, la sua eredità ci invita a fermarci e ascoltare, perché ogni nota della nostra musica continua a riecheggiare di lui.

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