Cronaca
A Volla, 13enne aggredito da un branco per un cellulare: le forze dell’ordine a caccia di questi giovani teppisti, un allarme per la comunità.
Un altro attacco da baby-gang a Volla: un 13enne ferito per un telefono, l’ennesimo segnale d’allarme! #BabyGang #AreaVesuviana #SicurezzaGiovani
Nella tranquilla Volla, un sobborgo vesuviano che troppo spesso fa notizia per i motivi sbagliati, i carabinieri sono intervenuti d’urgenza all’ospedale pediatrico Santobono di Napoli, poco dopo la mezzanotte, in risposta a una segnalazione al 112. È una storia fin troppo familiare per chi, come me, vive e respira queste strade: un ragazzino di 13 anni è finito al pronto soccorso con ferite evidenti, conseguenza di un’aggressione brutale durante quello che sembra un banale tentativo di rapina.
Immaginate la scena: il giovane si trovava in via San Giorgio, vicino al cimitero comunale, un angolo della città che di notte diventa un’ombra di se stesso, con luci fioche e scarsa sorveglianza. Qui, secondo le prime ricostruzioni degli investigatori, è stato avvicinato da un coetaneo che gli ha ordinato di consegnare il suo smartphone. Quando il ragazzo ha rifiutato, la situazione è esplosa in un turbine di violenza: un gruppetto di ragazzini, probabilmente complici del primo, lo ha circondato e aggredito a pugni e calci, scomparendo poi nel buio come fantasmi.
Il 13enne è stato trasportato al Santobono in codice arancione, con escoriazioni diffuse al viso e alla testa, e ricoverato per una serie di esami. Le sue condizioni sono serie ma non critiche, il che è un sollievo, eppure non basta a placare l’angoscia che serpeggia tra i residenti. Come chi racconta questa terra da anni, non posso ignorare come episodi del genere stiano diventando una piaga cronica nell’area vesuviana. Qui, dove le famiglie lottano con disoccupazione e scarsa integrazione sociale, i giovani rischiano di scivolare in un vortice di emulazione violenta, alimentato da social media e una sensazione diffusa di impunità.
I carabinieri della stazione locale sono al lavoro per dipanare i dettagli e identificare i responsabili, un’operazione che speriamo porti presto a risultati concreti. Ma questo caso non è solo un fatto di cronaca: è un campanello d’allarme per la comunità. Quante volte ancora dovremo assistere a questi atti prima che istituzioni e famiglie agiscano davvero? L’area vesuviana, con le sue complessità sociali, merita più che indagini reattive; ha bisogno di prevenzione, di spazi sicuri per i ragazzi, di un dialogo che vada oltre le emergenze. Intanto, restiamo in attesa, sperando che questo episodio non sia solo un’eco persa nel vento, ma un passo verso un cambiamento reale.
