Cronaca
A Napoli, un condannato per stalking la rintraccia sui social: 26enne di nuovo nel terrore, un’allerta che non sorprende.
Stalking a Napoli: L’incubo non finisce, anche dal carcere l’ex la ricontatta su TikTok #Napoli #Stalking #Giustizia
In una Napoli dove le storie di violenza domestica e persecutoria sembrano non trovare pace, una giovane donna di 26 anni si ritrova catapultata indietro nel suo personale inferno, a pochi giorni dalla condanna del suo ex fidanzato. È la cruda realtà di chi vive in un territorio come il nostro, dove i social media amplificano le vulnerabilità e il sistema di giustizia lotta per tenere il passo con la tecnologia.
Pensavamo che la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli il 19 novembre scorso avesse messo fine a mesi di terrore per questa 26enne del quartiere, ma evidentemente non è così. Il suo ex, un 32enne già giudicato colpevole di stalking e condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione, sembra aver trovato il modo di estendere la sua ombra anche da dietro le sbarre. La donna ha sporto una nuova denuncia ai carabinieri dopo aver notato che il profilo TikTok dell’uomo ha ricominciato a seguirla, un gesto che riecheggia le vecchie tattiche di controllo ossessivo.
Come spesso accade in questi casi qui a Napoli, dove le dinamiche familiari e sentimentali possono trasformarsi in trappole digitali, l’ex non si è limitato a messaggi o chiamate: in passato aveva installato uno spyware sul cellulare della vittima, monitorando ogni sua mossa, dai messaggi alle chiamate fino agli spostamenti. Questo aveva costretto la giovane a stravolgere la sua routine quotidiana, isolandosi dai social per sfuggire al suo aguzzino. Con la condanna e l’ingresso in carcere del 32enne, lei aveva osato riprendere fiato, riattivando il suo account TikTok nella speranza di riconquistare un po’ di normalità.
Ma la quiete è durata poco. Sfogliando le notifiche, ha incrociato una richiesta di contatto da un profilo fin troppo familiare: lo stesso che l’aveva bombardata di interazioni ossessive in passato. Riconoscendo i post, le foto e i contenuti, è scattata l’allerta: panico puro, un terrore che l’ha spinta a tornare dalle forze dell’ordine per denunciare nuove minacce e persecuzioni. Qui a Napoli, dove le strade e le community online si intrecciano in modi imprevedibili, è un reminder brutale di quanto la tecnologia possa diventare un’arma nelle mani di chi non accetta la fine di una relazione.
Gli investigatori sono ora al lavoro su due fronti possibili: o il 32enne è riuscito a procurarsi uno smartphone all’interno del carcere, violando le regole penitenziarie – un problema ricorrente nelle nostre strutture, dove il controllo sui dispositivi elettronici spesso fa acqua – o ha passato le credenziali del suo account a un complice esterno, mantenendo così un legame virtuale con la vittima. Come cronista del posto, non posso fare a meno di riflettere su quanto questo esponi la fragilità del nostro sistema: le carceri napoletane, già sovraccariche e sotto pressione, devono fare i conti con queste falle, che permettono a individui come lui di continuare a terrorizzare.
“La richiesta di contatto dal profilo dell’ex fidanzato – spiega l’avvocato Sergio Pisani, legale della 26enne – l’ha fatta ricadere nello stesso stato di prostrazione e paura che aveva vissuto per mesi. È di nuovo terrorizzata, teme perfino di uscire di casa e di tornare alla sua vita normale”. Queste parole dell’avvocato non sono solo un’eco della sofferenza della donna, ma un campanello d’allarme per tutti noi che viviamo in questa città: i social network, con la loro pervasività, stanno diventando un’estensione pericolosa delle condotte stalker, anche quando il colpevole è formalmente rinchiuso.
Questa vicenda, purtroppo tipica del nostro territorio, solleva interrogativi più ampi sulla protezione delle vittime e sul ruolo dei social come amplificatori di abusi. A Napoli, dove le storie di genere e violenza sono all’ordine del giorno, è urgente un maggiore controllo sulle tecnologie nelle prigioni e una sensibilizzazione più incisiva per prevenire questi “secondi atti”. La nuova denuncia si aggiunge al fascicolo esistente, speriamo che porti a una risposta più robusta, perché qui, tra le vie affollate e i pixel degli schermi, la paura non si spegne con una semplice sentenza.
