Cronaca
A Napoli, la vedova di Aniello Scarpati: “Un’intera vita dedicata alla divisa, dalla nascita alla fine”
Un addio commovente a un eroe di strada: Napoli piange Aniello Scarpati, morto servendo la città #Napoli #Polizia #Giustizia
A Napoli, dove le strade raccontano storie di eroismo e dolore quotidiano, l’uscita della bara di Aniello Scarpati ha lasciato un segno profondo, un applauso silenzioso che risuona ancora tra i vicoli affollati e le piazze afflitte. Come cronista di queste parti, so bene quanto questi momenti rivelino il lato più crudo della nostra realtà: uomini in divisa che rischiano tutto per una città che spesso li ripaga con indifferenza o, peggio, con tragedie come questa. Aniello, un poliziotto di 56 anni, è stato strappato via nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre durante un banale intervento di pattuglia a Torre del Greco, quando la sua volante è stata travolta da un Suv in un impatto devastante che non ha lasciato scampo.
Oggi, nella chiesa cristiana evangelica ADI di via Fra’ Gregorio Carafa, la comunità si è stretta attorno alla famiglia, ai colleghi e a un dolore che va oltre il personale. È stato un addio non solo a un uomo, ma a un simbolo di dedizione in una Napoli che lotta con i suoi demoni quotidiani: il caos del traffico, la fretta che uccide e la mancanza di rispetto per chi indossa l’uniforme. Qui, dove la polizia è spesso vista come un baluardo contro il disordine, la perdita di Scarpati ci ricorda quanto sia fragile quel baluardo, quanto i nostri eroi siano esposti a rischi che il resto di noi ignora comodamente.
Tra le lacrime che hanno bagnato il sagrato, la moglie Eliana Donadoni ha parlato con una forza che ha commosso tutti, rivolgendosi alle autorità e alla folla radunata: “Sono orgogliosa di essere la moglie di un poliziotto. Mio marito è nato con la divisa ed è morto con la divisa. Sarà sempre nei nostri cuori, lo amerò per sempre. Chi lo ha ucciso, pagherà”. Quelle parole, pronunciate con voce ferma nonostante il dolore, risuonano come un’accusa velata alla società napoletana, quella stessa che venera i suoi tutori dell’ordine solo nei momenti di lutto, ma li dimentica nei vicoli dove operano ogni giorno. Accanto a lei, il figlio Daniel – troppo piccolo per afferrare l’enormità di quel vuoto – ha rappresentato il futuro incerto, ma la madre non ha esitato: “Sarò orgogliosa, e lo sarà anche lui. Daniel sarà all’altezza di suo padre”. Come qualcuno che vive qui, mi chiedo quanto sia giusto ereditare un simile fardello in una città dove il servizio pubblico è spesso un atto di eroismo non ricompensato.
La chiesa era un crogiolo di emozioni, affollata non solo di parenti e amici, ma anche delle più alte cariche: il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il capo della Polizia Vittorio Pisani, il cardinale di Napoli Mimmo Battaglia, il prefetto Michele di Bari e il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. È stato un abbraccio istituzionale che, da un lato, offre conforto, ma dall’altro solleva interrogativi su quanto queste presenze siano effimere, una volta che i riflettori si spengono. I colleghi di Scarpati lo descrivono come un agente giovane ma già insostituibile: un punto di riferimento, “sempre il primo a offrire una mano”, “uno che credeva nella divisa come missione, non come lavoro”. Era un napoletano innamorato della sua città, e in questo vediamo riflesso il dramma locale: quanti come lui sacrificano tutto per un posto che ama e odia allo stesso tempo?
Ora, resta un vuoto che brucia, un richiamo a una giustizia che non può essere solo un grido tra le lacrime. Come cronista del territorio, non posso fare a meno di riflettere su come episodi del genere esponino le crepe del nostro tessuto sociale – le strade pericolose, l’impazienza al volante, il disprezzo per l’autorità – e su quanto serva un cambiamento reale, non solo commemorazioni. La promessa di Eliana Donadoni riecheggia: “Nello resterà sempre con noi. È stato un marito, un padre e il poliziotto di tutti”. In una Napoli che va avanti tra contraddizioni, questo ricordo non deve essere vano, ma un monito per tutti noi.
