Cronaca
A Napoli, il rapinatore seriale Mario Monticelli resta in cella, un segnale di continuità per la sicurezza locale.
#NapoliAlCentroDelCaos: Un Rapinatore Seriale Terrorizza la Città e Finisce Dietro le Sbarre
In una Napoli che sembra non riposare mai, la storia di Mario Monticelli, 42enne con un curriculum criminale fin troppo familiare, ci ricorda quanto la nostra vita quotidiana possa essere fragile di fronte a chi sceglie la violenza per sopravvivere. Come cronista locale, non posso fare a meno di riflettere su come questi episodi, pur isolati, rivelino le crepe di un tessuto urbano già logorato da disoccupazione e marginalità sociale – problemi che, qui a Napoli, non sono solo numeri, ma volti di vicini e commercianti che pagano il prezzo più alto.
Monticelli è stato confermato in carcere dopo una serie di colpi rapidi e spregiudicati che hanno messo in ginocchio il centro storico. È incredibile pensare che, in appena 24 ore, quest’uomo abbia trasformato luoghi di lavoro quotidiani in scenari da film noir, lasciando dietro di sé una scia di paura e danni. Le forze dell’ordine, che conosco bene per averle viste in azione tra le vie affollate della città, lo hanno fermato in flagrante, interrompendo quella che poteva essere una escalation pericolosa.
Gli investigatori hanno ricostruito una giornata da incubo per i commercianti napoletani. Il primo episodio risale allo scorso 20 novembre, in via Aquila. Lì, Monticelli è entrato in un CAF come un’ombra in piena luce, aggredendo violentemente la titolare per rubare solo 20 euro, un anello e un telefono cellulare – un gesto che, per me, simboleggia il disperato e meschino attacco alla normalità di chi lavora sodo in quartieri dove la crisi economica morde più che altrove. È una storia che fa male, perché via Aquila non è solo un indirizzo: è un crocevia di vite ordinarie, dove la gente lotta per arrivare a fine mese, e vedere tutto ridotto a un bersaglio facile è un pugno nello stomaco.
Non pago, nella stessa giornata, ha colpito un hotel in piazza Garibaldi, armato di coltello, minacciando due addetti alla reception e portandosi via 400 euro dalla cassa e un telefono. Piazza Garibaldi, cuore pulsante della Napoli turistica e commerciale, è un posto che conosco fin troppo bene – un’area dove il via vai costante dovrebbe essere un deterrente, ma che invece diventa un invito per chi è disperato. Come locale, mi chiedo: quanto ancora possiamo tollerare che luoghi iconici come questi siano invasi dalla paura, mentre la città cerca di rilanciarsi con il turismo?
La terza rapina, avvenuta nella mattinata di venerdì in un albergo di via Torino, ha raggiunto livelli di brutalità che mi fanno riflettere sul declino della civiltà urbana. In base agli atti, il 42enne avrebbe prima minacciato la receptionist con un coccio di bottiglia e poi l’avrebbe aggredita con calci e pugni, riuscendo a sottrarre 50 euro dalla cassa della reception. È un episodio che non solo denuncia l’escalation della violenza, ma anche la vulnerabilità di chi è al fronte del servizio pubblico in zone come via Torino, dove le strutture ricettive sono essenziali per l’economia locale. Qui, da napoletano, vedo un campanello d’allarme: se non rafforziamo la sicurezza in queste aree, rischiamo di perdere quel senso di comunità che ci tiene uniti.
Il tentativo fallito in una tabaccheria di vico Gabella, sempre quella mattina, ha almeno offerto un barlume di speranza. Entrato nell’esercizio con il chiaro intento di impossessarsi di denaro e altri valori, avrebbe minacciato la titolare, ma sarebbe stato messo in fuga dal marito della donna, intervenuto in sua difesa. Questo momento di resistenza popolare è un richiamo allo spirito napoletano – quello della solidarietà immediata, della difesa del proprio territorio. Eppure, come giornalista immerso in queste dinamiche, non posso ignorare che eventi del genere evidenzino quanto le nostre strade siano esposte, e quanto la risposta delle autorità debba essere più proattiva per prevenire, non solo per rincorrere.
Le indagini della Polizia di Stato, basate su descrizioni delle vittime e video delle telecamere di sorveglianza, hanno rapidamente inchiodato Monticelli, che è stato rintracciato in piazza Sant’Egidio. È un lavoro che merita rispetto, ma mi porta a commentare con realismo: in una città come Napoli, dove la criminalità è spesso intrecciata con le disuguaglianze sociali, fermare un uomo non basta. Dobbiamo chiederci come supportare meglio chi è a rischio di cadere in questi vortici, e come proteggere le nostre comunità da un’insicurezza che erode la fiducia giorno dopo giorno.
In definitiva, la conferma del carcere per Monticelli è una vittoria temporanea, ma per noi napoletani è un invito a riflettere e agire – perché la vera sicurezza nasce dalla cura del territorio, non solo dalle manette.
