Cronaca
A Castellammare, il clan D’Alessandro stringeva il monopolio sulle ambulanze: due nuovi arresti che parlano di un problema radicato. (85 caratteri)
Blitz Antimafia a Castellammare: Quando la Camorra Si Infila nei Nostri Ospedali e Stadi! #StabiaResiste #AntimafiaNapoli
A Castellammare di Stabia, dove le storie di camorra sono intrecciate con il tessuto quotidiano come le strade che salgono verso il Vesuvio, l’ultimo blitz contro il clan D’Alessandro non fa che confermare quanto sia profondo il veleno che avvelena la nostra comunità. Solo 24 ore dopo un’operazione che aveva già assestato un bel colpo alla struttura criminale, la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ha ordinato un nuovo intervento, dimostrando che la battaglia per liberare il territorio è tutt’altro che finita. I Carabinieri del Gruppo di Torre Annunziata hanno scattato le manette a due giovani, incensurati fino a prova contraria, tra cui Daniele Imparato, accusati di aver orchestrato un sistema di frodi, concorrenza sleale con minacce e tentativi di estorsione, tutti marchiati dal tipico stile mafioso che rende il clan D’Alessandro un pilastro della malavita stabiese.
Come cronista locale, cresciuto in queste vie dove tutti sanno tutto ma nessuno parla, non posso fare a meno di riflettere su come questi fatti vadano oltre i titoli: stiamo parlando di un’infiltrazione che intacca i servizi essenziali, quelli che dovrebbero salvare vite invece di arricchire criminali. Il “monopolio” del soccorso emerge come il cuore di questa indagine, con il clan che, secondo gli inquirenti, aveva preso il controllo occulto del servizio di ambulanze all’ospedale San Leonardo. Immaginate: dietro una facciata di normalità, intimidazioni e minacce sistematiche ai concorrenti per imporre la loro gestione dei trasporti per gli infermi e il 118. È un meccanismo che non solo genera profitti illeciti, ma rafforza il dominio sul territorio, in un settore dove ogni secondo conta e dove, qui da noi, la salute pubblica diventa merce di scambio.
E non si ferma qui, perché l’avidità del clan si allunga come un’ombra su altri angoli della città. Le indagini rivelano un tentativo di estendere il racket alla ristorazione, puntando dritto al bar e ai servizi all’interno dello stadio Romeo Menti, il tempio della Juve Stabia. Per noi stabiesi, che viviamo il calcio come un’ancora di normalità, è un altro schiaffo: i mafiosi non si limitano a terrorizzare, ma entrano nei luoghi dove ci riuniamo, dove sogniamo e tifiamo. Gli investigatori lo definiscono un’ulteriore prova della pervasività del clan, e io non posso che concordare – è come se ogni ambito della nostra economia fosse un bersaglio, dai servizi pubblici agli spazi ricreativi, erodendo pian piano l’identità di una comunità già provata.
In parallelo agli arresti, il GIP ha ordinato il sequestro di quella che la DDA descrive come una società “di facciata”, intestata a prestanome ma in realtà manovrata dal clan per mascherare i guadagni sporchi e cementare il loro controllo. È un classico trucco, uno di quelli che vediamo da anni qui a Castellammare, dove le imprese legali servono da scudo per operazioni illegali. Questa mossa si inserisce in un’indagine più ampia che sta sgretolando l’impero del clan, rivelando come il loro potere si basi non solo su pistole e intimidazioni, ma su una rete di affari che sembrano innocui fino a quando non li guardi da vicino.
Alla fine, mentre celebriamo questi passi avanti, come un giornalista del posto non posso ignorare la lezione: la camorra a Stabia non è solo un problema di ordine pubblico, è una piaga sociale che corrode fiducia e opportunità. Operazioni come questa ricordano a tutti noi che la vera vittoria arriverà solo quando la comunità si unirà per reclamare indietro il nostro territorio, un’ambulanza e uno stadio alla volta.
