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Cronaca

A Capri, licenza revocata a Da Paolino: un segnale per la sicurezza delle attività locali?

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A Capri, licenza revocata a Da Paolino: un segnale per la sicurezza delle attività locali?

Capri in subbuglio: l’icona di “Da Paolino” a rischio per abusi edilizi

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L’isola di Capri, quel paradiso mediterraneo che attira frotte di turisti con le sue bellezze e i suoi eccessi, si trova ora al centro di una bufera che va ben oltre le semplici carte bollate. La revoca della licenza commerciale al ristorante “Da Paolino”, quel tempio leggendario dei limoni immerso negli agrumeti, non è solo un colpo al cuore dell’ospitalità locale, ma un campanello d’allarme per un territorio che spesso sacrifica la legalità all’altare del glamour turistico. Come caprese doc, non posso fare a meno di riflettere su come questi episodi rivelino le crepe in un sistema che, per anni, ha chiuso un occhio sui privilegi di chi fa girare l’economia isolana.

Il Comune ha messo fine a decenni di sfarzo inconfessato, notificando la chiusura di un locale che ha ospitato star hollywoodiane e magnati industriali, ora accusato di un’impressionante sfilza di abusi edilizi. Questa misura, arrivata durante la pausa stagionale, non fa che amplificare le contraddizioni di Capri: un luogo dove il business del lusso spesso naviga in acque grigie, tra espansioni non autorizzate e un’edilizia selvaggia che mina il fragile equilibrio paesistico. Eppure, mentre i fatti parlano di irregolarità, non sfugge il rischio che questa vicenda finisca per danneggiare non solo un’attività, ma l’intero tessuto turistico, già provato da stagioni altalenanti.

Al centro del provvedimento c’è una lista di violazioni che, a dirla tutta, sembra uscita da un dossier su quanto sia facile perdere il controllo in un contesto come il nostro. Gli ispettori del Comune e della Guardia di Finanza, durante i sopralluoghi di agosto, hanno identificato ben 19 anomalie in via Palazzo a Mare. Tra queste, spiccano ampliamenti abusivi come ambienti tecnici e di produzione: un ripostiglio con copertura di circa 2,83 metri e 18,90 metri quadrati, o spazi per pasticceria e preparazioni per celiaci che arrivano a 70 metri quadrati con un’altezza media di 3 metri. Poi ci sono le aree per insalate e crudi, con 14,40 metri quadrati e un’altezza di 2,87 metri, tutte realizzate senza i permessi necessari.

Le trasformazioni strutturali non sono da meno, con modifiche esterne in cucina, celle frigorifere e bagni che superano di gran lunga quanto approvato nell’istanza di condono del 1985, introducendo muri e partizioni ben più imponenti. E non fermiamoci qui: è contestata anche una intera unità residenziale sul retro, di 50 metri quadrati e un volume di circa 120 metri cubi, con un’altezza media di 2,40 metri – un’aggiunta che, su un sito vincolato paesisticamente, suona come un affronto alla bellezza naturale che Capri si vanta di preservare.

Ma la lista si estende a tocchi estetici che, sebbene possano sembrare frivoli, raccontano molto del modus operandi locale: pergotende, fontane, una vasca per pesci e persino un arco aperto nella muratura perimetrale. In un’isola dove il paesaggio è tutelato per legge, questi interventi non fanno che evidenziare come il desiderio di attrarre clienti d’élite – da Tom Cruise ai vari Agnelli, Schumacher e Moore – abbia spesso prevalso sul rispetto delle regole. Da cronista che vive questi luoghi, mi chiedo: fino a che punto il fascino di “Da Paolino”, con il suo agrumeto incantato e la sua aura di esclusività, ha mascherato una realtà di scorciatoie edilizie che tanti altri esercizi potrebbero condividere?

Il colpo di grazia arriva dal provvedimento che sancisce la «decadenza dei titoli commerciali abilitativi ed il divieto di prosecuzione dell’attività di pubblico esercizio», basato sulle ordinanze di demolizione di settembre. La proprietà aveva tempo fino a dicembre per smantellare tutto, ma ora la revoca accelera la crisi. Michela De Martino, voce della famiglia che gestisce il locale da generazioni, ha espresso la sua linea difensiva in un’intervista, dichiarando: “Stiamo valutando con i legali il da farsi, ma è nostra volontà sistemare la situazione in modo conforme alla legge”. Parole che, da un lato, suonano come un impegno sincero a rimediare, dall’altro, riecheggiano la tipica reazione caprese: lottare per salvare un pezzo di identità, magari ricorrendo al TAR per guadagnare tempo.

Questa battaglia legale non è solo una questione privata; è un riflesso delle tensioni che animano Capri, dove il turismo di lusso convive con rigide normative ambientali, spesso eluse. Come qualcuno che ha visto l’isola trasformarsi da Eden incontaminato a parco tematico per VIP, temo che episodi come questo – se non gestiti con trasparenza – possano erodere la fiducia dei visitatori e pesare sull’economia locale. “Da Paolino” non è solo un ristorante; è un simbolo, e la sua possibile scomparsa potrebbe aprire una discussione più ampia su come bilanciare tradizione, legalità e sviluppo. In fin dei conti, Capri merita di più di semplici polemiche: ha bisogno di una riflessione collettiva per non perdere la sua anima tra gli agrumeti.

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