Cronaca
A Benevento, vigilante muore in solitudine sul lavoro: UGL insiste per protocolli di sicurezza o annuncia sciopero. La comunità reclama cambiamenti urgenti.
#TragediaSulTurnoNotturno: Un vigilante di Tufara Valle muore solo alla stazione EAV di Apollosa, accendendo l’allarme sulla sicurezza nel Sannio
Mentre il Beneventano si stringe attorno alla memoria di Carmine Griffone, un 55enne vigilante privato di Tufara Valle, la sua morte durante un solitario turno notturno alla stazione EAV di Apollosa non è solo una perdita personale, ma un campanello d’allarme per un territorio che troppo spesso sacrifica la dignità dei suoi lavoratori sull’altare dell’indifferenza istituzionale. Come cronista locale, cresciuto in queste zone dove le stazioni ferroviarie sono punti nevralgici ma isolati, vedo in questa tragedia non solo un fatto isolato, ma il sintomo di un sistema di vigilanza che barcolla tra burocrazia e negligenza, lasciando i nostri concittadini esposti a rischi evitabili.
Questa vicenda ha scosso l’intero settore della sicurezza privata, spingendo l’UGL Sicurezza Civile a mobilitarsi con una lettera di protesta indirizzata ai prefetti di Napoli, Caserta, Salerno, Avellino e Benevento. I segretari Giampiero Bellusci e Luigi Marino non ci vanno leggeri, dipingendo un quadro di un comparto malato che ignora i pericoli del lavoro in solitudine, e reclamano interventi urgenti: un protocollo operativo che includa turni doppi, dispositivi di allarme immediate e una formazione obbligatoria per tutti. Qui nel Sannio, dove le strade buie e le stazioni periferiche come Apollosa sono il pane quotidiano dei vigilanti, queste misure non sono lussi, ma necessità basilari – un po’ come pretendere che le nostre colline non siano lasciate al buio per colpa di lampadine fulminate e promesse non mantenute.
“Nel 2025 non è più tollerabile che si muoia sul lavoro, e per di più da soli”, tuonano i sindacalisti, richiamando il Decreto Legislativo 81 del 2008 che già dovrebbe garantire tutele per chi opera senza supporto. Eppure, nei meandri del nostro territorio, queste norme sembrano polvere su uno scaffale: quante volte ho sentito storie simili, di guardie giurate che pattugliano zone dimenticate come Tufara Valle o Apollosa, senza un collega a portata di voce o un allarme che funzioni davvero? È un’ironia amara, se ci pensate, in una regione che si vanta della sua resilienza, ma dove il prezzo pagato è sempre quello dei più vulnerabili.
L’UGL non si ferma alle parole: insistono per un incontro d’emergenza, magari guidato dal prefetto di Benevento o di Napoli, per definire responsabilità chiare e stabilire standard minimi di sicurezza. E c’è una nota di sfida che non possiamo ignorare: “Non ci saranno altri Carmine – o non ci sarà più chi sorveglia”, accompagnata dall’auspicio che “La memoria di Griffone deve diventare il punto di svolta verso un lavoro davvero sicuro per tutti.” Come chi vive qui, so bene che queste non sono solo minacce vuote – potrebbero tradursi in scioperi che paralizzerebbero la vigilanza in tutto il Mezzogiorno, lasciando le nostre comunità ancora più esposte. È tempo che le istituzioni smettano di voltare lo sguardo altrove e riconoscano che il Sannio non è solo un’appendice periferica, ma un cuore pulsante che merita protezione reale.
In fondo, la storia di Carmine ci ricorda che dietro ogni statistica c’è una famiglia, un vicinato, una comunità intera. Se non agiamo ora, questa solitudine continuerà a mietere vittime, e il Beneventano, con le sue bellezze e le sue fragilità, ne pagherà il prezzo.
