Cronaca
Tradito dalle intercettazioni, il boss Salvatore Percich
A Napoli, il boss Salvatore Percich, agli arresti domiciliari dal marzo scorso, ha deciso di armarsi insieme a suo figlio per una vendetta d’onore familiare. L’obiettivo era punire il giovane fidanzato della figlia, che aveva diffuso tra amici video e foto intime della ragazza, entrambi minorenni. Percich, elemento di riferimento per il clan Mazzarella ai Quartieri Spagnoli, considerava questa diffusione un’onta che andava lavata col sangue.
La sera del 15 settembre, Percich, detto Sasy, ha messo in atto la sua vendetta familiare, guidando personalmente la spedizione punitiva insieme a un suo congiunto minorenne e a un terzo uomo non ancora identificato. I tre, in sella a uno scooter, hanno aperto il fuoco contro il giovane I.C. in via Conte di Mola, ma l’agguato è fallito: il 17enne è rimasto solo sfiorato dai proiettili, mentre uno di questi ha centrato all’addome il suo amico, Umberto Catanzaro, 23enne calciatore dilettante.
La reazione di I.C. non si è fatta attendere: appena un’ora dopo l’agguato, il 17enne si sarebbe vendicato ferendo il coetaneo L.L., ritenendo che questi fosse uno dei partecipanti all’attentato contro di lui. Tuttavia, il ferito era arrivato in ritardo all’appuntamento con il boss per un problema allo scooter. L’indagine, condotta attraverso intercettazioni ambientali effettuate nell’ospedale dove era ricoverato Catanzaro, ha ricostruito l’intera vicenda, coinvolgendo anche altri due minori di 17 anni e una 20enne, Anna Nesa, accusata di aver ospitato i partecipanti al raid in un B&B.
La svolta investigativa è arrivata proprio dalle intercettazioni e dalle immagini della videosorveglianza, che hanno permesso ai carabinieri di identificare Percich come mandante ed esecutore materiale dell’agguato. L’indagine dipinge un quadro allarmante di una faida dove l’onore ferito e le relazioni personali si intrecciano con le dinamiche criminali del territorio, coinvolgendo sempre più giovani in spirali di violenza senza ritorno. La vicenda sottolinea la preoccupante tendenza di alcuni clan a coinvolgere sempre più giovani in attività criminali, perpetuando così un ciclo di violenza e di vendetta che sembra difficile da interrompere.
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