Cronaca
Processo per omicidio al Rione Traiano, emerge il ruolo di Gianluca Muro
Napoli è stata teatro di una vicenda drammatica che ha portato alla condanna a 10 anni e 6 mesi di reclusione per Gianluca Muro, ritenuto colpevole in concorso anomalo nell’omicidio di Antonio ‘Anthony’ Artiano. La sentenza è stata emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, Federica De Bellis, che ha stabilito che Muro avrebbe dovuto prevedere che il figlio, armato e umiliato, avrebbe reagito sparando.
La dinamica dell’esecuzione a freddo viene ricostruita nelle motivazioni del giudice, che descrivono un’incontro “chiarificatore” degenerato in un’esecuzione. Antonio Artiano, sentendosi minacciato, aveva esploso alcuni colpi in aria con una pistola per intimidire i presenti, e in quel momento la situazione precipita. Mentre Artiano tenta di allontanarsi, suo suocero, Gianluca Muro, lo afferra e lo immobilizza, permettendo al figlio Pasquale di estrare una pistola e fare fuoco, colpendo Artiano alla testa.
Il “concorso anomalo” del padre è il punto giuridico cruciale su cui si fonda il castello accusatorio. Il giudice ha stabilito che, sebbene Muro non avesse l’intenzione di uccidere, la sua azione è stata determinante e ha accettato il rischio che la situazione potesse degenerare in un evento più grave. La sentenza ha disposto anche il pagamento di una provvisionale di 240mila euro in favore dei familiari della vittima.
Questa vicenda svela le dinamiche di violenza e giustizia sommaria che governano le relazioni in certi contesti territoriali, dove un diverbio familiare può trasformarsi in una manciata di secondi nell’anticamera della morte. La condanna di Gianluca Muro chiude il secondo capitolo di una tragedia familiare che ha già visto la condanna in primo grado e in Appello di Pasquale Muro, l’esecutore materiale del delitto, a 16 anni di reclusione. La sentenza emessa lo scorso luglio al termine di un processo con rito abbreviato, è un altro capitolo di una storia di violenza e morte che non sembra avere fine.
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