Cronaca
Fratricidio a Pannarano, un atto di follia che sconvolge la comunità
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L’uccisione e decapitazione di un fratello: un caso che sconvolge la comunità di Pannarano
Nell’aula della Corte d’Assise di Benevento, Benito Miarelli, 58enne di Pannarano, ha rotto il silenzio e chiesto perdono per il delitto efferato commesso ai danni del proprio fratello, un episodio che ha scosso la piccola comunità sannita. “_Chiedo perdono a tutti per quello che ho fatto, a Dio, al Vangelo, ai miei familiari e ai miei amici_”. Queste parole, pronunciate poco prima di entrare nella gabbia degli imputati, hanno segnato l’inizio di un processo che si preannuncia difficile e tormentato.
La richiesta di perdono di Miarelli è stata immediatamente seguita da una giustificazione che ha sollevato più di una perplessità. L’imputato ha sostenuto di essere stato “_colpito al capo da un barista con una leva della macchina del caffè e dopo non ho più capito nulla_”. Una versione dei fatti che si scontra con le conclusioni della perizia psichiatrica disposta dalla Procura, che ha confermato la piena capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del fatto.
Il medico perito Alfonso Tramontano ha dipinto il profilo di un uomo in balia di un alcolismo cronico e devastante, radicato dal 2002. Secondo la relazione peritale, non un episodio di violenza esterna, ma le allucinazioni e uno stato di delirio acuto – condizioni tipiche di chi vive nell’eccesso alcolistico – sono stati i veri propulsori del gesto omicida.
La difesa di Miarelli ha tentato l’ultima carta, chiedendo una nuova perizia psichiatrica per confutare le conclusioni del consulente d’ufficio. La Corte d’Assise non si è pronunciata in merito, riservando la decisione per la prossima udienza, fissata al 25 novembre. Il processo prosegue così sul filo di un dilemma giudiziario e umano: da un lato le scuse di un uomo che invoca una momentanea tenebra mentale, dall’altro il freddo verdetto scientifico che lo riconosce come pienamente consapevole delle sue azioni. Il 25 novembre si deciderà se quella richiesta di perdono dovrà essere valutata alla luce di una nuova consulenza, o se il giudizio dovrà basarsi sull’unica perizia finora acquisita agli atti.
