Cronaca
Conciari in ginocchio, 16 fermi per strozzini dei clan
Due giovani imprenditori conciari di Avellino sono finiti nelle mani di una rete di strozzini legata a tre clan di camorra. Il tutto era partito con un prestito mai restituito, che li aveva fatti prigionieri di un meccanismo di violenze, minacce e tassi usurari da capogiro. L’operazione condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia di Salerno ha eseguito un decreto di fermo di 16 persone indiziate di delitti di usura ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Il blitz è scattato all’alba di mercoledì 22 ottobre, interessando le province di Salerno, Napoli, Avellino e Potenza. Sono stati coinvolti oltre 120 operatori della Dia, supportati da polizia, carabinieri e guardia di finanza. L’inchiesta, coordinata dal procuratore della Repubblica di Salerno Rocco Alfano, era partita nel luglio 2025, quando gli investigatori avevano raccolto i primi segnali di un giro di prestiti usurari che coinvolgeva ambienti imprenditoriali del distretto conciario irpino.
Secondo la ricostruzione della DDA, i due imprenditori si sarebbero rivolti a una rete criminale apparentemente “di aiuto”, ma in realtà saldamente controllata da tre gruppi camorristici attivi tra Salerno, Avellino e l’area nord di Napoli. Le somme prestate, spesso piccole in origine, sarebbero lievitate rapidamente, fino a raggiungere cifre esorbitanti, impossibili da restituire. Al rifiuto o all’impossibilità di pagare, sarebbero seguite minacce e vere e proprie azioni intimidatorie.
Gli inquirenti parlano di “vittime ritenute in grave pericolo”, a dimostrazione della brutalità con cui gli indagati avrebbero imposto la restituzione del denaro. Il metodo mafioso sarebbe stato usato come garanzia del debito, con gli usurai che si sarebbero avvalsi della forza intimidatrice dei clan, sfruttando il loro nome come strumento di pressione. L’attività investigativa ha consentito di svelare l’esistenza di una articolata rete criminale composta da affiliati a tre clan camorristici che operano nelle province di Salerno, Avellino e nella provincia di Napoli.
Le indagini hanno documentato una struttura ramificata, in grado di coordinarsi su più territori, di gestire capitali illeciti e di “proteggere” gli affari con la forza della reputazione camorristica. Il denaro estorto sarebbe stato poi reinvestito in attività commerciali di copertura e in nuovi prestiti, alimentando un circolo vizioso di violenza e paura. La Dia di Salerno ha operato con il supporto delle Questure di Avellino e Salerno, dei Comandi provinciali dei Carabinieri di Napoli, Salerno, Avellino e Potenza, e delle Fiamme Gialle di Avellino e Salerno.
Gli arrestati dovranno rispondere di usura, estorsione aggravata e associazione a delinquere di stampo mafioso. La DDA salernitana ritiene di aver disarticolato un sistema che da tempo strangolava l’economia legale, infiltrandosi nel tessuto imprenditoriale della Campania interna e lucana. L’operazione è un importante passo avanti nella lotta contro la camorra e i suoi tentacoli nell’economia legale.
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