Cronaca
Cassazione: detenuto attore bloccato, niente esibizioni esterne
La Corte di Cassazione: No all’uscita di un detenuto per esibizioni teatrali
La Corte di Cassazione ha recentemente stabilito che un detenuto, sebbene attore, non potrà lasciare il carcere per esibirsi con la sua compagnia teatrale. Questa decisione ha suscitato un acceso dibattito sulla portata dei benefici penitenziari e il loro utilizzo, in particolare per coloro che sono stati condannati per reati di particolare gravità.
Il contrasto tra umanizzazione e sicurezza
La sentenza della Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Milano, che aveva originariamente autorizzato l’uscita del detenuto scortato dalla Polizia Penitenziaria. I giudici di Milano avevano giustificato la loro decisione sottolineando l’importanza dell’integrazione tra il carcere e la comunità esterna, e la possibilità di valorizzare il percorso artistico del detenuto.
Nonostante la presenza di agenti di scorta, che secondo il Tribunale avrebbero garantito la sicurezza, la Procura Generale di Milano ha presentato ricorso alla Cassazione, che si è schierata con il parere dell’accusa.
L’approccio rigoroso della Suprema Corte
Pur riconoscendo i valori umanitari legati alla reclusione, la Suprema Corte ha adottato un’interpretazione rigorosa del diritto. La Cassazione ha chiarito che il “permesso di necessità” – l’agevolazione richiesta dal detenuto – deve essere considerato un’eccezione, volto a rispondere a specifiche necessità familiari o personali di grave importanza.
Secondo i giudici, non è accettabile sfruttare tale permesso come una pratica ordinaria per sostenere l’attività rieducativa o la risocializzazione. Infatti, la proposta di impiegare il “permesso di necessità” per espandere la sfera artistica del detenuto presenta “decisivi ostacoli” all’interno dell’attuale sistema penitenziario.
Le conseguenze della sentenza
La decisione della Cassazione ha portato all’annullamento del provvedimento del Giudice della Sorveglianza, riaffermando la superiorità della legge rispetto a principi nobili quali quelli dell’integrazione. Il messaggio è chiaro: l’arte può entrare nel carcere, ma un detenuto condannato per gravi reati non ha il diritto di uscire per perseguire attività artistiche.
In questo caso, la tra il principio dell’umanizzazione e il dovere di garantire la sicurezza viene messa in evidenza, generando nuove interrogativi su come gestire e bilanciare i diritti dei detenuti con la necessità di tutela della società.
Data di pubblicazione: 14 Ottobre 2025 – A. Carlino