Cronaca
Scampia, blitz contro clan Cancello-Cifariello: 3 boss in fuga

La Camorra a Napoli: il Clan Cancello-Cifariello sotto accusa
La città di Napoli è stata teatro di una recente operazione antidroga che ha portato alla luce gli affari illeciti del clan Cancello-Cifariello, noto per le sue attività criminali a Scampia. L’inchiesta ha scoperto come il clan abbia utilizzato la violenza per occupare un alloggio popolare nei “Sette Palazzi”, sottraendolo al legittimo assegnatario. Tre persone, tra cui il boss Elia Cancello, Gennaro Cifariello e Moreno Del Medico, sono ancora in fuga e vengono cercate dalle autorità.
L’indagine e le accuse
L’indagine, condotta dalla Squadra Mobile e dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, ha ricostruito gli eventi del 13 settembre 2024, quando un padre e un figlio furono sequestrati e minacciati da uomini del clan. I due furono costretti a liberare l’abitazione popolare che occupavano regolarmente, e il figlio fu inviato a convincere la madre e la sorella a raccogliere gli effetti personali per lasciare spazio a un esponente di vertice delle famiglie criminali.
Le misure cautelari
Le indagini hanno portato all’esecuzione di sette misure cautelari nei confronti di altrettanti indagati, tra cui Antonio Emmausso, Ferdinando Cifariello, Maurizio Cancello, Simona Gallucci, Christian Iandolo, Ferdinando Libero e Francesco Barbato. Le accuse vanno dal sequestro di persona a scopo di estorsione all’occupazione abusiva di immobili, passando per estorsione, rapina, riciclaggio e lesioni, tutte aggravate dal metodo mafioso.
La caccia ai capi del clan
La caccia ai tre capi del clan, Cancello, Cifariello e Del Medico, resta ancora aperta. La loro latitanza conferma quanto la pressione investigativa abbia destabilizzato gli equilibri criminali a Scampia, dove il controllo sugli alloggi popolari rappresenta ancora oggi uno dei terreni di potere più sensibili per le cosche. La lotta contro la camorra a Napoli continua, e le autorità sono determinate a portare i responsabili alla giustizia.
Cronaca
Clan Ullero: 3 arresti, cambio al vertice a Cardito

Arrestati tre membri del clan Ullero a Cardito
La città di Cardito è stata scossa da un’operazione di polizia che ha portato all’arresto di tre membri del clan Ullero, accusati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e concorso. I tre indagati, Antonio Auletta, 54 anni, Geremia Iavarone, 29 anni e Cristofer Troia, 22 anni, sono stati identificati grazie alla coraggiosa denuncia del titolare di una sala slot di Cardito.
La denuncia e l’indagine
La denuncia del titolare della sala slot ha scatenato un’indagine condotta dalla Dda di Napoli, che ha portato all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli Mariano Sorrentino. L’indagine ha rivelato che i tre indagati volevano costringere un procacciatore d’affari e collaboratore di una ditta di slot machine a versare due distinte somme di denaro.
Il metodo camorristico
La dinamica ricostruita dagli inquirenti parla di un chiaro metodo camorristico, con minacce esplicite e implicite volte a far credere alla vittima di trovarsi di fronte a esponenti della criminalità organizzata locale. I fatti contestati si sarebbero svolti il 15 luglio 2025 a Cardito, nella località Carditello in Piazza Giovanni XXIII. Le minacce più dirette sono state pronunciate da Antonio Auletta, che ha detto: “Quelli che ci stavano prima ora sono carcerati, adesso comandiamo noi, ci devi dare 500,00 euro a Natale, Pasqua e Ferragosto per tenere le slot nel locale bar Reverse”.
La richiesta estorsiva
La richiesta estorsiva annuale, il classico “pizzo”, ammontava a 1500 euro da versare in tre rate in concomitanza con le festività di Natale, Pasqua e Ferragosto, per consentire la permanenza delle slot machine nel bar. A questa, se ne aggiungeva un’altra da 3.000 euro, richiesta come metà di un pagamento di 6.000 euro che la vittima avrebbe dovuto ricevere per un lavoro di rinnovo locali nel medesimo bar.
La coraggiosa denuncia e l’esito dell’indagine
Il tentativo di estorsione non è andato a buon fine grazie alla coraggiosa denuncia dell’imprenditore alle forze dell’ordine. La denuncia ha permesso di identificare i tre membri del clan Ullero e di portarli davanti alla giustizia. L’operazione di polizia è un importante passo avanti nella lotta contro la criminalità organizzata a Cardito e dimostra l’importanza della collaborazione tra le forze dell’ordine e i cittadini nella lotta contro il crimine.
Cronaca
Latitante arrestato mentre si nascondeva nell’armadio della sorella

Un giovane in fuga: la storia di Costanzo Pio Patierno
La latitanza di un 23enne di Giugliano è terminata dopo quasi un mese di ricerche serrate da parte dei Carabinieri. Costanzo Pio Patierno, questo il nome del giovane, era stato condannato a scontare una pena di 2 anni per reati di truffa e altri illeciti, ma aveva deciso di evitare la carcerazione nascondendosi.
Chi è Costanzo Pio Patierno
Costanzo Pio Patierno è un 23enne di Giugliano che era originariamente sottoposto alla detenzione domiciliare per scontare una pena. Tuttavia, l’Ufficio di Sorveglianza di Napoli aveva recentemente emesso un nuovo provvedimento, decidendo la sospensione della misura alternativa.
La fuga e la cattura
Il giovane era irreperibile dallo scorso 20 agosto, data in cui era diventato di fatto un evaso. I Carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Giugliano hanno concentrato le loro ricerche presso l’abitazione della madre del 23enne e, dopo un’attenta perquisizione, hanno scoperto Patierno nascosto all’interno di un armadio della camera da letto della sorella.
La pena e il futuro
Immediatamente tratto in arresto, Patierno è stato quindi trasferito in carcere, dove dovrà scontare la pena disposta dall’autorità giudiziaria. La sua breve latitanza si è conclusa in modo rocambolesco, dietro l’anta di un mobile. La storia di Costanzo Pio Patierno è un esempio di come la giustizia possa raggiungere anche coloro che cercano di sfuggirle.
La risposta delle autorità
I Carabinieri hanno dimostrato una grande professionalità e determinazione nella cattura del 23enne, che era considerato pericoloso. La loro opera è stata fondamentale per garantire la sicurezza pubblica e per far rispettare la legge. La cattura di Patierno è un risultato importante per le autorità, che possono ora dire di aver portato a termine un’operazione difficile e pericolosa.
Cronaca
Giornalista Pino Grazioli assolto per diffamazione a Napoli

La Giustizia Trionfa: Pino Grazioli Assolto dall’Accusa di Diffamazione
La città di Napoli è stata teatro di una vicenda giudiziaria che ha visto il giornalista Pino Grazioli assolto dall’accusa di diffamazione aggravata. La pronuncia del Giudice Monocratico della 4ª Sezione Penale del Tribunale di Napoli, Dott. Putativo, ha archiviato le accuse contro Grazioli, dichiarandolo “assolto perché il fatto non costituisce reato”. Questa sentenza rappresenta una vittoria importante per la libertà di stampa e il diritto di cronaca.
Le Origini della Controversia
La storia inizia con una denuncia social di Augusto Baroni, che affermava di essere stato vittima di un sopruso da parte degli agenti della Polizia Locale di Napoli. Baroni registrò un video in cui esponeva la sua versione dei fatti e lo affidò al giornalista Pino Grazioli, che lo pubblicò sui propri canali social.
Da Denunciante a Denunciato
La pubblicazione del video innescò una reazione a catena. Gli agenti coinvolti si sentirono diffamati e presentarono querela contro Grazioli, accusandolo di diffamazione aggravata. La posizione di Grazioli divenne ancor più delicata con il decesso di Augusto Baroni, che privò il processo di un testimone chiave.
La Difesa di Grazioli
L’avvocato Massimo Viscusi, difensore di Grazioli, sostenne che il giornalista aveva agito come un mero megafono di una denuncia già formulata, senza aggiungere commenti lesivi o con l’intento specifico di offendere gli agenti. La tesi centrale era che Grazioli aveva dato spazio a una notizia di pubblico interesse, senza oltrepassare il confine della liceità.
La Sentenza
Il giudice ha accolto per intero le tesi della difesa, dichiarando Grazioli assolto in base all’articolo 530, comma 2, del Codice di Procedura Penale. La sentenza stabilisce un principio più profondo: la condotta del giornalista non ha oltrepassato il confine della liceità, e la pubblicazione della testimonianza di Baroni non integrava gli estremi del delitto di diffamazione. Questa vittoria giudiziaria rappresenta una conferma del ruolo di Pino Grazioli come giornalista e difensore della libertà di stampa.